L'eden di carta
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Scheda IT-CRVN-12
- Cancelli dell'Eden, I
valutazione (4,6,3) 62%
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Il mondo di Medda
Per tutta la serie Medda ha giocato con il lettore spingendolo sui suoi percorsi senza preoccuparsi delle esigenze più generali della narrazione. Il risultato è stato una proiezione solipisistica dell'universo interiore dell'autore.Medda ha giocato con il lettore spingendolo sui suoi percorsi senza preoccuparsi delle esigenze più generali della narrazioneElemento significativo della prepotente intrusione della realtà interiore di Medda nel contesto narrativo è la messa in scena della famiglia Donati, quadretto intimistico della famiglia italiana patriarcale e cattolica la quale appare del tutto fuori luogo nel contesto sociale americano che si vorrebbe riprodurre, in cui, generalmente, la famiglia è dissolta e la figura paterna è distante, inesistente o addirittura ostile.
Anche la rispettabilissima dedica che compare nella pagina conclusiva dell'albo (il ricordo dei genitori dell'autore) induce a far ritenere che la soluzione narrativa di far morire entrambi i coniugi Donati altro non sia che una ulteriore estensione delle vicende personali di Medda.
E' evidente che nel corso del processo creativo l'autore esprime la propria personale sensibilità, insieme ai propri ricordi ed emozioni. L'autore e la sua opera sono una cosa sola. L'arte nasce dalle suggestioni psichiche più profonde piuttosto che dalle logiche razionali del suo creatore. In un prodotto seriale, nell'ambito dell'arte applicata, però la libertà d'azione sarà necessariamente più limitata. Dovrà pur esistere un rigore stretto che riconduca gli impulsi emotivi e creativi entro schemi razionali legati alla struttura narrativa che l'autore stesso ha scelto. Diversamente si corre il rischio di disattendere le aspettative del lettore.
L'arte di Medda
Ci sono storie di Caravan che penetrano nell'animo proprio a causa della contiguità emotiva fra l'autore e la materia della narrazione. Questo fatto è una ricchezza ma anche un limite. Quando i processi narrativi sono forzati il tessuto emozionale diventa invasivo. Il lettore è costretto talvolta ad inseguire l'autore attraverso i suoi personalissimi labirinti esistenziali anziché essere guidato per mano. Può succedere che il lettore non partecipi, non condivida, allora, in vece della partecipazione emotiva, scatta il senso di fastidio, di frustrazione.L'uso disinvolto del proprio interiore vissuto rappresenta un'arma a doppio taglio. Risulta negativo quando viene avvertito come un'intrusione pretestuosa da parte dell'autore sulla modulazione della storia. Quando, viceversa, è raggiunto l'equilibro narrativo e gli inserti psichici emozionali dell'autore entrano in sintonia con quelli del lettore, allora Medda riesce a incantare. Il livello tecnico di questo ultimo numero è senz'altro di buon livello. La storia, come peraltro già accennato, è appassionante, la sceneggiatura è limpida, l'azione veloce e avvincente. Come negli altri numeri della serie l'autore si fa leggere con piacere. Sceneggiature impeccabili e soggetti non banali sono, d'altronde, una caratteristica della serie.
L'invadenza di Medda sui contenuti, per quanto possa apparire irritante, non produce la bocciatura di Caravan e l'intera serie si colloca su di un livello qualitativo molto buono.
L'autoreferenzialità dell'autore, il gusto di narrare per sé stesso, anche a scapito del lettore, rimane a suggello della serie che comunque, non fosse altro per la peculiare personalità espressa, non potrà essere dimenticata tanto facilmente.
Il disegno di Olivares
Per la realizzazione della serie si è spesso attinto, dopa la prova sul primo numero di De Angelis, a disegnatori non prettamente bonelliani. Bravi professionisti che avevano dimostrato il proprio valore in altri contesti, forse a disagio con lo stile realistico che l'avventura richiedeva, hanno dimostrato qualche impaccio di troppo nella illustrazione di Caravan. Eccezione positiva, fra gli esordienti in Bonelli, Michele Bonivento, disegnatore del n. 9, con il suo lo stile buio, cimiteriale ma affascinante.Delude invece il "nathanneveriano" Olivares, disegnatore di questo ultimo numero, che ci offre un tratteggio spesso sporco e insicuro, lontano dalle sue migliori prestazioni. Le proporzioni fra le figure sono il più delle volte approssimative. Compaiono volti sgraziati e definiti con poca cura. Impeccabili invece le raffigurazioni dei mezzi. Sicuramente apprezzabile il dettaglio dei particolari con cui sono definiti gli elicotteri militari, protagonisti dell'ultima parte della storia.
Anche Mammucari, il copertinista che ha contribuito, grazie a una linea chiara estremamente efficace ma lontana dagli stilemi bonelliani, alla definizione di una specificità nella serie, appare un po' sottotono in questa ultima esibizione.
La copertina riprende quella del primo numero di Caravan. La differenza (che sintetizza in immagine l'episodio) sta nel fatto che in questo numero dodici i nuvoloni compaiono meno incombenti, attraversati da raggi di luce che illuminano un angolo dello sfondo.
La restituzione dell'immagine del primo numero, trasformata nei significati, è interessante, ma si rileva solo a seguito di una disamina più attenta. Di primo acchito non si nota la rielaborazione consapevole ma si avverte solo un certo senso di déjà vu.
Le forme umane che nel primo numero, nell'istantanea dell'attimo in cui erano raffigurate, racchiudevano, realisticamente, movimento compresso, senso di meraviglia, terrore e comunanza di affetti, compaiono qui raggelate e appiattite. L'idea di riflettere gli elicotteri sullo specchietto dell'auto non brilla di originalità e rafforza una sensazione di già visto. L'intera costruzione scenica appare come interlocutoria e non riesce a trasmettere un significato definitivo adeguato al numero conclusivo di una serie.


