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La Highway 666? E' la strada più vacua e noiosa che io abbia mai percorso . . . recensione di Francesco Manetti
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Squilli di trombe e rulli di tamburi, nella presentazione di seconda di copertina, per presentare ai lettori bonelliani il soggettista di questo albo, ovvero l'autore di romanzi gialli (nonché riesumatore di casi insoluti nel programma televisivo "Blu notte") Carlo Lucarelli. Peccato che il soggetto in questione non lasci in alcun modo intuire (a chi, come me, non ha letto alcun libro di questo autore) per quali ragioni Lucarelli sia da considerarsi uno "scrittore di talento"... Lucarelli si limita infatti a proporre un'idea di fondo decisamente banale (Dylan si ritrova a percorrere un'autostrada senza fine, incappando in camion assassini, autostoppiste fantasma, pseudo-zombi, scheletri parlanti e barman burloni...), per non dire assolutamente priva sia di originalità (il camion assassino, ad esempio, riprende stancamente lo stranoto "Duel" di Spielberg senza nulla aggiungere a quanto già detto da Richard Matheson, sceneggiatore del film) che di suspence (si capisce immediatamente che il camion che minaccia Dylan è lo stesso che ha provocato l'incidente visto a pag.10, così come si intuisce ben presto che Alga è una delle persone decedute in quello stesso incidente). L'unica idea vagamente interessante dell'albo è forse quella di presentare tutto quel che accade a Dylan e ad Alga (la bella autostoppista) come un racconto ideato da un Groucho insonne. Ma anche questa idea ha il sapore del già visto (si pensi, ad esempio, per restare in ambito dylandoghiano, al prologo de "La fine del mondo" DDMM 2, nel quale l'inizio della storia sembra essere il frutto dell'inventività di Aiw).
Da sottolineare negativamente, in particolare, l'incontro di Dylan e Alga con uno pseudo-zombi (pag.46-47) e, poche pagine dopo, con dei ragazzi che lanciano dei sassi da un cavalcavia (pag.54-58). Il fatto che il presunto zombi si riveli immediatamente un poveraccio "con un urgente bisogno di un dermatologo" diventa infatti un'involontaria spia dell'ammosciamento della serie rispetto ai fasti del passato, quando gli zombi, essendo veramente tali, ci facevano accapponare la pelle :-) (cfr. ad esempio, lo zombi delle pag.26-35 di "Accadde domani" DD 40). La ramanzina che Dylan fa ai ragazzi che gli hanno lanciato contro dei sassi da un cavalcavia è invece criticabile sia per il modo pedantesco e retorico col quale viene enunciata, sia per l'incongruenza che un tale pistolotto viene ad avere rispetto alle atmosfere oniriche che Lucarelli e Sclavi si sforzano di evocare in tutto il resto dell'albo. Che bisogno c'era, inoltre, di un'autodifesa del proprio prodotto da parte di Sclavi ("voi tirate sassi da un cavalcavia per andare in tivù[,] non per imitare i mostri di un film o di un fumetto dell'orrore")? Non era già stato detto tutto, a questo proposito, e in maniera più suggestiva e incisiva, nell'ottimo "Caccia alle streghe" DD 69? E perché dire le solite scontatissime menate sulla falsità delle trasmissioni televisive? Non lo sanno forse anche i cani di strada quanto sia falso tutto quello che ci viene mostrato persino nel più apparentemente "serio" dei programmi televisivi? E non ha forse detto già tutto quel che c'era da dire sui programmi spazzatura (e sul "pubblico di merda" che se li merita), in maniera ben più intelligente e penetrante e ben prima che Castagna e i suoi epigoni dilagassero, Nanni Moretti con la celebre sfida televisiva mostrata in "Sogni d'oro"? Resta da parlare, infine, del rapporto che lega la storia presentata in questo albo con quella narrata da Marcheselli e dallo stesso Sclavi ne "Il lungo addio" DD 74. Il soggetto di Lucarelli, infatti, diversamente da quanto accadeva nel recente "Il lago nel cielo" DD 151 di Cristina e Pippo Neri (nel quale lo spunto de "Il lungo addio" era, più che ripreso, "rievocato"), ha esattamente la stessa struttura del soggetto ideato da Marcheselli: Dylan compie un viaggio surreale-onirico in compagnia di una ragazza che, al termine del viaggio, si rivelerà essere uno spettro. Perché, se la struttura è la medesima, "La strada verso il nulla" è, a mio modesto avviso, un albo che non merita l'acquisto, mentre "Il lungo addio" è, sempre a mio modesto avviso, un albo degno di essere conservato con cura e affetto :-)? Perché diversa era l'intensità del rapporto fra Dylan e Marina (due ex-ragazzi che rimpiangono una storia d'amore non vissuta fino in fondo) rispetto al rapporto fra Dylan e Alga (due sconosciuti che, dopo aver conversato per una notte intera di aria fritta, finiscono a letto e poi si salutano); perché diverso è il fascino di Marina (grazie ai flashback, ma grazie anche agli interrogativi che il lettore si pone sull'identità della ragazza e sui motivi che possono averla spinta a cercare Dylan) rispetto a quello di Alga (la quale, a parte una condivisibile battuta sugli assicuratori :-), non sa far altro che infilare, come già detto, una scempiaggine dietro l'altra, restando un personaggio psicologicamente piatto, inespressivo, assolutamente dimenticabile); perché diversa è la suggestione di eventi surreali legati a un passato che viene a poco a poco recuperato rispetto alla suggestione che possono evocare degli eventi surreali banalmente fini a se stessi (cfr., ad esempio, il "gatto mannaro" delle pag.52-53); perché diversa è la poeticità del modo in cui ci viene fatto capire che Marina è morta (cfr. le pag.88-91 de "Il lungo addio") rispetto al modo in cui ci viene mostrato che Alga è una delle persone morte nell'incidente stradale (dato che Sclavi, oltre a farci vedere la Due cavalli travolta dal camion assassino, ha stavolta la pessima idea di mostrarci, girata pagina, anche il cadavere della ragazza)... Resta, infine, qualcosa di salvabile in questa storia? Sì: il dialogo fra Groucho e Chico (pag.49-50), gradevole presa in giro degli interrogativi esistenzialisti tipici di un certo Dylan. E nulla più.
Che fine ha fatto il buon vecchio Freghieri di una volta? Che ne è, voglio dire, di quel disegnatore che, in perfetta sintonia con uno Sclavi in ottima forma, aveva saputo valorizzare storie come quella narrata, tanto per fare un esempio, in "Sogni" DD sp7? Da qualche albo di Dylan a questa parte, lo stile di Freghieri sembra aver subìto una percettibile regressione. I disegni de "La strada verso il nulla", ad esempio, pur restando sostanzialmente accettabili, non denotano più quella precisione (un po' fredda, impersonale, ma nondimeno apprezzabile) che contraddistingueva le tavole del già citato "Sogni". Il tratto di Freghieri, in buona sostanza, sembra essersi fatto più sommario, meno curato, e dunque meno convincente (si confrontino, anche in questo caso, gli zombi di questo albo con quelli disegnati qualche anno fa da questo stesso autore in altri albi di Dylan). O lo scarso impegno di Freghieri non è forse altro, ancora una volta, che una comprensibile reazione dinanzi ad una storia, già vacua di per se stessa, che lo stesso Sclavi sembra aver sceneggiato svogliatamente?.. Un albo da dimenticare, dunque, o meglio ancora un albo, detto senza mezzi termini, da non comprare; forse uno dei punti più bassi raggiunti dalla serie negli ultimi tempi, tanto più se si pensa ai nomi degli autori che l'hanno realizzato. Meno male che poi Michele Medda riesce a dimostrarci come, con un po' di inventiva e di vero talento, si possa ancora scrivere qualcosa di memorabile per la serie dedicata all'indagatore dell'incubo (cfr. "Il battito del tempo" DD 154)...
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