|
Pasquale Ruju Nicola Mari | ||
Pagine correlate: | ||
|
Ritratto di Vampiro (ma non solo)
|
E' piacevole constatare che Pasquale Ruju non si è arreso del tutto alla routine - che sa ancora ritrovare la strada di una narrazione che evade dallo schemino giallo di troppe sue storie per l'indagatore dell'incubo - e scrive dunque un racconto vivo, lontano dai tanti albi preconfezionati degli ultimi anni. Ed è piacevole leggere una storia che lascia l'impressione di aver dedicato il proprio tempo a qualcosa che nasce dalla passione e dal gusto per il proprio lavoro. Certo, bisogna intendersi bene su questo "piacevole": il dittico di "Notti di caccia" trae il suo fascino dall'atmosfera morbosa, virtualmente patologica che Ruju e Mari hanno saputo infondere nelle tavole della storia e trasmettere al lettore. Quella che si respira è un'aria di morte permanente, di dolore non solo subìto ma ancor più cercato e voluto: non a caso lo stesso Liam Jargo dopo la sua (prima) morte opera la scelta di una seconda vita che, se gli dà il destro di ottenere potenza, vendetta e forza prima negategli, lo obbliga a ricordare e rivivere la disperazione della sua vita mortale. Dolore e sofferenza sono aguzzini e amanti dei personaggi, e forse amanti privilegiati prima che carnefici.
La storia sconta un incipit di mestiere, con l'intero primo albo che svolge funzione di prologo. Ruju si prende tutto lo spazio per introdurre fatti e personaggi, tuttavia si resta in superficie. E' solo con il n.181 che la materia narrativa "esplode" tra le mani dell'autore e immerge il lettore nel magma emotivo del racconto. Qui gli eventi si polarizzano attorno ai protagonisti, prendono letteralmente vita sulla pagina; attorno a Liam, Twilight e agli altri si stratificano e sedimentano l'oppressione claustrofobica e l'angoscia necrofila del racconto. Coadiuvato da un Mari che procede nella sua nuova vita artistica, e che pare vicino al punto di coniugazione tra necessità di realismo e magia ermetica che sapeva trarre dal suo pennello, Ruju non si accontenta né di creare i piatti personaggi che da anni abitano le sue sceneggiature, né i santini politically correct tanto abituali su Dylan Dog. Vividi e umani, espressivi ed energici, questi personaggi arricchiscono e rafforzano la storia, liberandola dal rischio di perdere consistenza e vigore narrativo se avesse finito con l'assumere rilievo eccessivo il gusto manieristico per il senso di morte e malattia. Il carisma degli attori, tra i quali ben si inserisce un Dylan tutt'altro che banale, rende invece un'ulteriore servizio al racconto, dando corpo e realtà fisica al gioco di atmosfera. Liam Jargo non è un vampiro da telefilm e neppure un "povero mostro", ennesimo clone di quelle creature che a frotte popolano la serie e ci fanno sapere che "i mostri siamo noi". Jargo è un uomo tormentato e sensibile, ma anche un assassino: questi vampiri di Ruju sono dei veri predatori e parassiti del genere umano; ma sono anche uomini che della loro umanità conservano difetti e pregi, e da uomini finiscono per essere a loro volta vittime di altri uomini. Mari sottolinea abilmente questo aspetto, il suo Jargo possiede il fascino che pare essere attributo naturale del vampiro, ma è un fascino che si stempera in una dimensione di malattia molto prosaica e priva di appeal, come molto prosaico è il male, una volta che sia nudo e svuotato del suo connotato di ribellione all'ordine, costituito o naturale.
I sentimenti dei lettori non possono non essere ambivalenti: male, dolore, disgusto e semplice egoismo umano sono ben amalgamati e fatti confluire in questa figura potente e fragile allo stesso tempo. Ruju lavora sotto traccia con Liam Jargo, costruendogli tassello su tassello una personalità realistica e (in)coerente, molto umana. Per quanto possa essere umano e realistico un vampiro. Dylan e Manila intrecciano una relazione che si nutre di una sensualità torbida, quasi eccessiva per il canone bonelliano. Da sempre il sangue è simbolo e veicolo privilegiato di vita e morte. Quello di Dylan, accettato dalla donna quando è donato e poi rifiutato nel momento in cui è frutto della predazione, cementa la loro unione: vera e propria comunione. E' qualcosa di più dell'amore ad instaurarsi tra l'ex ballerina e l'indagatore dell'incubo. Qui Nicola Mari vola alto, la sua capacità di esprimere sentimenti, stati d'animo, sfumature e atmosfere, ben al di là della semplice descrizione calligrafica, dà forma compiuta ai personaggi di Ruju. La corrente emozionale che prende vita tra Dylan e Manila soverchia gli stereotipi della serie, i sussulti buonistici si sgretolano sotto i colpi di un dramma rappresentato con finezza psicologica, con sensualità e persino con umanizzante ironia (la scena del primo incontro tra Dylan e Manila è un gioiello, in questo senso). Nella galleria infinita delle donne di Dylan sono poche quello che escono dai confini della macchietta, Manila fa di più, arriva ad essere una delle poche figure femminili vere e concrete rappresentate in 15 anni di incubi ed orrori (e tra l'altro quale miglior modo di questa storia per festeggiare il quindicesimo anniversario della testata?).
Reginald, così forte, predatore dei predatori, finirà per bruciarsi nel suo volo troppo vicino alla fonte del calore, finirà per accettare di condividere con il nemico la sua natura. Ma se in Manila è l'amore ad essere più forte della natura vampirica, e in Jargo è il dolore, per Reginald non vi è nulla di più forte dell'odio: come l'amore di Manila questo odio è il detonatore della ribellione alla sua nuova natura, un odio che travalica i generi, ossessivo e maniacale. Dei protagonisti è sicuramente il personaggio più monolitico, ma la grandiosità tragica del suo odio ne riscatta il minor approfondimento psicologico. Twilight è specchio del fratello e di Jargo, e trait-d'union tra loro, o meglio: un ponte. Attraverso di lei i due finiscono per attrarsi, trovarsi, legarsi indissolubilmente in quello che non altrimenti può definirsi se non un doppio suicidio. Ma Twilight è anche l'isola di normalità che entrambi gli uomini hanno. C'è amore nella decisione di Jargo di non ucciderla ed anzi di salvarla. Jargo è un vampiro, un parassita che si nutre della vita e del suo succo: per una volta si nutrirà della morte, permettendo alla giovane di sopravvivere al suo tumore. In cambio vive in lei, ne abita i pensieri, condivide i propri ricordi con la ragazza. Anche il loro rapporto va oltre l'amore, c'è un fuggire e cercarsi continuo, la volontà di nascondersi e di svelarsi, la paura e l'abbandono, la fiducia. Beh, forse l'amore è proprio questo, e forse è per amore e non solo per trovare liberazione dai propri crucci che Jargo andrà incontro alla morte. E' amore quello di Twilight per il fratello, di cui percepisce la sofferenza sotto la furia. E soffre con lui, acutamente. Sa di rappresentare un'ancora per l'uomo, l'ancora che gli permette di non precipitare nella follia definitiva, è pronta a sacrificarsi per lui, per lui rischia di precipitare a sua volta nella pazzia.
Quali che siano stati i motivi che hanno fatto incontrare i protagonisti di questo dramma, dalla chimica delle loro personalità, dal loro interagire nel cervello dell'autore è nata una storia anomala: appassionata, adulta; un racconto affascinante dove l'abusata coppia di Amore e Morte ha saputo rappresentarsi senza pudori né finzioni: senza teatro, ma offrendosi nella realtà dei sentimenti di un gruppo di uomini e donne. Che alcuni fossero vampiri è solo il giusto tributo alla fantasia dell'Uomo e il merito di un uomo.
Vedi anche la scheda della storia.
|
|