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In tempi di consumismo estremo non è più di moda nemmeno la vecchia usanza di vendere l'anima al diavolo. Adesso anche questa può essere venduta comodamente a rate, ricordo dopo ricordo...
All'anima degli sconti.
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Autore dagli esiti altalenanti, con Horror Market, Ruju ha realizzato un onesto lavoro di assemblaggio di quasi tutti i più frequentati temi della serie, a cominciare dalla malvagia tecnologia al servizio del mad doctor di turno, passando per il riscatto vendicativo del debole nei confronti dei propri aguzzini e non dimenticando nemmeno la minoranza etnica ingiustamente discriminata e depositaria della solita, ormai inevitabile :-), antica saggezza. Il risultato, tuttavia, è una storia a tratti affascinante, nella quale Ruju azzecca quantomeno l'inedita idea di fondo del racconto, mostrandoci concretamente gli orrori di una degenarata società dei consumi, contrapposta alla apparentemente libera esistenza delle popolazioni nomadi. Curiosa anche la somiglianza del protagonista, l'enigmatico signor Joung, con il quasi omonimo Carl Gustav Jung, notissimo psichiatra di origine svizzera, autore di una personale teoria psicologica che si oppone alla psicoanalisi di Freud nei suoi punti fondamentali.
Anche la presunta invenzione di Joung nel racconto, una macchina in grado di immagazzinare i ricordi dell'intera umanità, può essere vista come una, nemmeno tanto velata, metafora della teoria dell'inconscio collettivo, che conterrebbe istinti e archetipi pronti per essere eredidati da ciascuno di noi e quindi diffusi universalmente, caposaldo della dottrina Jungiana.
Peccato dicevamo: infatti, privato di questo finale ad effetto, il racconto avrebbe avuto tutte le carte in regola per elevarsi oltre la media della recente produzione dell'indagatore dell'incubo. Per altre considerazioni, note, citazioni e incongruenze leggete la Scheda della Storia.
Dopo gli sperimentalismi estremi di Phoenix e il repentino cambio di rotta dell'interlocutorio L'angelo sterminatore, Horror Market rappresenta, per Nicola Mari, un ottimo risultato. E' evidente infatti il notevole sforzo fatto dall'autore di porsi completamente al servizio della narrazione, pur mantenendo inalterata la carica drammatica (ai limiti del grottesco) dei suoi disegni. Una frenesia stilistica, quella di Nicola, che lo ha portato, nel passaggio alla testata dell'indagatore dell'incubo, a mutare coraggiosamente lo stile, quasi rinnegando quello, osannato da pubblico e critica, adottato per l'esordio su Nathan Never. Oggi, dopo una ulteriore evoluzione, i disegni testimoniano la concretezza dei suoi propositi: alla completa padronanza del bianco e nero, Mari riesce ad affiancare una sorprendente leggibilità, caratteristica fondamentale per un racconto a fumetti. Le sue tavole contribuiscono infatti in maniera determinante a rendere sia l'angosciante rassegnazione delle vittime della macchina "mangia-ricordi" (notevole la citazione visiva del supermercato invaso, da Zombi (Dawn of the Dead, 1979) di George Romero) sia la frenetica e virulenta iperattività del mostriciattolo del fermaglio.
E quasi a coronamento di questo felice risultato, Nicola Mari è stato insignito, durante la scorsa edizione di Expocartoon, del prestigioso Yellow Kid quale miglior disegnatore italiano, un riconoscimento che premia il talento del giovane artista, ma soprattutto la sua inarrestabile voglia di sperimentare. Un altro albo speciale che brilla (in negativo) per l'assenza di una storia di Sclavi (se si esclude il brevissimo e irrilevante, dal punto di vista narrativo, "Incubo dell'indagatore"). Probabilmente la tendenza della casa editrice è, in questo momento, quella di dirottare le storie atipiche del nuovo corso dell'autore sulla collana regolare, per tamponare l'emorragia di lettori che sembra affliggerla. Consoliamoci allora con questo, che senza dubbio è il migliore tra i racconti pubblicati nel presente gigante, anche se il suo fascino è dovuto essenzialmente all'idea di fondo (l'orrore "concreto" della società consumistica, contrapposto alla "libera" esistenza del popolo nomade) di certo non priva di una buona dose di retorica, e ai suggestivi disegni di Mari, nuovamente in piena forma creativa. Interessante anche lo stile "ammorbidito" adottato da Stano per la copertina, in netta contrapposizione alle sue precedenti prove pittoriche per gli altri albi giganti, anche se il soggetto raffigurato (gli scaffali, più che demoni, sembrano esporre ridicoli mascheroni di carnevale) smorza inopinatamente i toni cupi della storia.
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