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Avete mai osservato cosa succede veramente nella vostra città? Se fate molta attenzione potreste notare che il vostro vicino, così gentile e ordinato, forse non è quello che sembra all'apparenza... per non parlare poi di quegli strani omini verdi, alti venti centimetri, che vi fanno visita mentre dormite...
New York Stories
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Secondo numero de I Grandi Comici del Fumetto e nuova trasgressione della Sergio Bonelli Editore ai rigidi canoni dell'avventura seriale, proposta mensilmente sulle ormai numerosissime testate regolari. La periodicità annuale, il colore e la veste prestigiosa dell'albo (confermati dopo la prima uscita dedicata a Jacovitti) denotano l'attenzione che la casa editrice riserva alla collana, destinata ad ospitare "i grandi maestri della risata a fumetti" (secondo le parole dello stesso Bonelli). Ma questo secondo numero già trasgredisce alla trasgressione presentando una storia a episodi anomala, scritta dal compianto Bonvi e disegnata da un superlativo Cavazzano, autori che definire esclusivamente "comici" risulterebbe estremamente riduttivo.
La storia era originariamente prevista per la pubblicazione su Zona X, quando la collana ancora non presentava le miniserie ed era legata a filo doppio al personaggio di Martin Mystère. E infatti Martin appare nel prologo nelle vesti di cicerone introducendo i vari episodi che la compongono.
All'epoca della stesura del soggetto (era il 1995), Bonvi stava scrivendo e disegnando per Comix una serie di brevi racconti autoconclusivi intitolata "Leggende urbane" e il caso vuole che anche i quattro racconti che compongono "La città" siano anch'essi debitori di quell'immenso patrimonio di leggende metropolitane (quei fatti più che incredibili - accaduti sempre ad un improbabile cugino di un amico - oggi così in voga, soprattutto negli Stati Uniti) le quali, a loro volta, non sono altro che la moderna evoluzione dei racconti da "filò" che i nostri nonni si raccontavano nelle sere d'inverno.
L'abilità narrativa, in questo genere di storie, non è tanto quella di descrivere con precisione e minuzia la vicenda, quanto piuttosto l'effetto e l'atmosfera che si riescono a creare durante il racconto.
Nella prima storia, nella quale si ravvedono citazioni di film come "L'inquilino del terzo piano" di Polanski e "Cocoon" di Ron Howard, è il cinico poliziotto di quartiere Pop, che dà il suo benvenuto allo "straniero" Trelkowsky, a monopolizzare la scena. Le vicende sono solamente abbozzate, ma questa loro presunta incompletezza ne costituisce anche molta parte del fascino. E' proprio l'ambiguità delle situazioni ad intrigarci durante la lettura. Ottima la sceneggiatura. Secca e scorrevole è forse la migliore tra le cose scritte da Bonvi ("L'uomo di Tsushima", realizzato da Bonvi per Bonelli nella collana Un uomo un'avventura, con il suo carico didascalico, non ha la stessa lievità di scrittura).
Molto divertenti le situazioni di intermezzo e bella l'idea di legare le storie utilizzando i personaggi come comprimari (negli episodi dove non sono i protagonisti) accentuando l'idea della città come elemento accomunante.
L'opportunità di gustarci Cavazzano ai disegni di una storia extra-Disney è diventata ormai una cosa talmente rara che ogni volta che succede è da considerarsi di per se un piccolo evento.
In questa occasione abbiamo l'opportunità di constatare l'ulteriore evoluzione del suo tratto realistico, elegante e raffinato ma nello stesso tempo completamente al servizio della narrazione.
Rispetto alle sue prove più note in campo realistico (Altai e Jonson con Sclavi e Capitan Rogers con Pezzin) in questa storia, il segno si è fatto ancora più sintetico e l'uso dei tratteggi, che abbondavano nelle storie precedenti, limitato.
La prosa di Bonvi viene come filtrata dal segno rilassato di Cavazzano e l'equilibrio complessivo della narrazione si trova così a contrastare in maniera complementare con la causticità del soggetto.
Un piccolo gioiello, irridente e poetico, la cui pubblicazione è probabilmente la migliore celebrazione di un autore lontanissimo dalle celebrazioni ufficiali e canoniche.
Per Bonvi ogni pretesto era funzionale ad essere mitizzato al punto da diventare un epico episodio di vita vissuta, andando a costituire uno dei tanti tasselli che formano la sua fantasiosa biografia. Una fra le tante leggende racconta che durante il servizio militare (armi e divise sono un'altra delle sue manie) sarebbe arrivato addirittura a dichiarare guerra alla Iugoslavia, invadendone il territorio con i carri armati che gli erano stati affidati.
In memoria di Andrea Pazienza, morto per overdose nell'Agosto del 1988, scriveva:
"C'è un unico filo che guida le umane sorti: un filo arcano, sfuggente e incomprensibile, tale da non far più distinguere dov'è che finisce l'Autore e dove cominciano i suoi Personaggi, un enigma avvolto in un mistero. Un'unica cosa posso affermare con certezza: ERA SCRITTO".
Una sincera dichiarazione di stima senza'altro, ma, senza dubbio, anche una personale confessione d'intenti.
Verlaine, il reduce protagonista dell'ultimo racconto, che con la sua personalità così epica e disincantata è forse il carattere più affascinante dell'intero albo, è, appunto, un'altra reincarnazione dello stesso Bonvi. |
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