5 motivi per riscoprire Magico Vento

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5 motivi per riscoprire Magico Vento
Magico Vento

5 motivi per riscoprire Magico Vento

Recensione

Io non vengo per seppellire Ned e Poe, ma per dirne l’elogio. La malinconia che da lettore provo per la chiusura di Magico Vento è superata dalla consapevolezza di avere avuto la fortuna di leggere, per 13 anni, un fumetto da conservare e riscoprire da capo. Per almeno cinque motivi.

1) L’identità della serie

Magico Vento è andato ben oltre le aspettative che potevano essere ingenerate dal semplicistico genere "western-horror" con cui nel 1997 fu etichettato e proposto al pubblico. In tanti avranno pensato ad un incrocio tra Tex e Dylan Dog (fra chi non l’ha seguito, ancora oggi probabilmente il pregiudizio è diffuso), e confesso di essere stato inizialmente tra gli scettici, anche per il suono così strano prodotto dal nome della testata.

Mese dopo mese, invece, Magico Vento ha conciliato con disinvoltura aspetti come la mitologia e la cultura indiana, l’horror, il fantastico, la Storia con la S maiuscola ed i suoi personaggi maggiori e minori, con un taglio realistico e privo di ingenuità. Il mix che ne è scaturito è stato spesso appassionante (si pensi, tra i tanti apici della serie, al primo faccia a faccia tra Magico Vento ed il suo nemico storico Hogan, nella cornice apocalittica dell’incendio che nel 1871 distrusse Chicago, oppure al ciclo delle guerre indiane o a quello gotico del Rhode Island), con i protagonisti, positivi e negativi, che sono cresciuti attraverso le proprie vicissitudini.

Pur nella sua continua evoluzione ed i vari percorsi narrativi affrontati, la serie di Magico Vento non ha smarrito una propria identità e coerenza ideologica di fondo
La serie si è sviluppata lungo più percorsi narrativi (il passato misterioso di Ned, la minaccia di Hogan, la questione indiana, l’avanzata della ferrovia, gli intrighi della Volta nera, gli Antichi) spesso intrecciati e con una continuity percepibile in tanti dettagli anche negli episodi più slegati tra loro. E alla fine tutte le trame sono arrivate alla loro conclusione in maniera naturale, senza corse forsennate né questioni in sospeso. E a chi avrà storto il naso, dopo tanti colpi di scena, per un finale che più classico di così non si può (la bella in pericolo, il tempio che crolla, l’eroe che dopo aver concluso la sua missione appende la pistola al chiodo per ripartire da zero con una donna al suo fianco) rispondo che una tale conclusione è ben più rispettosa per il personaggio ed i suoi affezionati lettori che lasciarlo marcire in carcere, come a qualcun altro è invece capitato.

Pur nella sua continua evoluzione, la serie di Magico Vento non ha smarrito una propria identità e coerenza ideologica di fondo. Provate a dire lo stesso leggendo gli ultimi episodi dei personaggi di cui doveva essere l’incrocio che, a dispetto del look sempre identico, cambiano vestito ogni volta che sono presi in mano da un autore diverso. "Bella forza", dirà qualcuno... è facile quando c’è un solo autore ai testi della serie. In questo caso, Gianfranco Manfredi. Su 131 albi di Magico Vento soltanto tre albi sono stati concepiti da un autore diverso, e solo per altri quattro Manfredi è stato affiancato ai testi.

Magico Vento per la qualità media espressa può tranquillamente figurare tra le migliori testate bonelliane di sempre
Ecco, appunto. Un solo autore ha scritto la serie. Per tredici anni. Per 128 albi su 131. Con tutte le problematiche connesse alla serialità (prima mensile, e negli ultimi anni bimestrale) ed alle scadenze. Con risultati spesso eccellenti e con un livello medio superiore alle altre pubblicazioni bonelliane. Vi sembra forse un fatto normale? A me no. Io dico che, ora che è terminato, Magico Vento per la qualità media espressa può tranquillamente figurare tra le migliori testate bonelliane di sempre, al fianco di serie cult come Storia del West e Ken Parker, che però molto prima dello sciamano bianco di Manfredi avevano chiuso il loro cerchio narrativo o ceduto alle scadenze imposte dalla serialità.

In bilico tra Storia e fantastico
illustrazione di Pasquale Frisenda, dalla copertina di Magico Vento n.39

(c) 1997-2010 Sergio Bonelli Editore

In bilico tra Storia e fantastico<br>illustrazione di Pasquale Frisenda, dalla copertina di Magico Vento n.39<br><i>(c) 1997-2010 Sergio Bonelli Editore</i>

2) I personaggi

La serie di Magico Vento è da riscoprire per i suoi due protagonisti. Sì, due, perché il titolare della testata è affiancato da Poe, molto più di una semplice "spalla". Due figure complementari tra loro, così ben caratterizzate ed indipendenti che molte avventure le hanno vissute in parallelo, senza neppure incontrarsi se non per pochi momenti.

Magico Vento, l’ex soldato Ned Ellis adottato dai Sioux dopo aver perso la memoria: tostissimo, affascinante, misterioso come il suo passato, dubbioso, introverso per le emozioni che lo riguardano ma capace di pronunciare parole di una saggezza così elevata che restano impresse nella memoria.

Magico Vento e Poe sono due figure complementari tra loro, così ben caratterizzate ed indipendenti che molte avventure le hanno vissute in parallelo, senza neppure incontrarsi se non per pochi momenti
Poe, il giornalista: intelligente, pungente ed astuto, fondamentale per spostare la battaglia comune all’amico su un piano diverso, quello della mobilitazione dell’opinione pubblica, dei rapporti con i servizi segreti e per comprendere le logiche politiche-economiche.

I due protagonisti sono circondati da un cast di comprimari di spessore, sia di fantasia che storici. Tra i primi primeggiano il grande nemico Howard Hogan, che da semplice affarista spregiudicato è protagonista di una notevole crescita negli anni, e l’uomo dai mille volti Dick Carr, ex-attore di teatro dal volto sfigurato che diventa agente segreto trasformista con la nuova identità di Henry Task. Tra le figure storiche, il generale Custer è dipinto come una figura complessa dalle varie sfaccettature, ed i grandi capi indiani Nuvola Rossa, Toro Seduto e Cavallo Pazzo hanno un ruolo rilevante nella serie al fianco di Ned. Ma anche le figure minori vissute per lo spazio di un albo o poche pagine non danno mai l’impressione di essere persone prive di una storia alle loro spalle.

Molto importanti sono anche le figure femminili che hanno accompagnato Magico Vento. Donne mai scontate, come le storie d’amore che hanno vissuto con Ned: da Rifiuta-di-smettere, emancipata ed indipendente amante indiana, alla dolce Rita, la prima ad avere fatto vacillare le convinzioni di vita di Ned; dalla complessa attrice Norma Snow, insieme vittima e complice di Hogan, alla grintosa Estrella, la donna che affianca Magico Vento nel finale della serie (e anche oltre).

Ned e Poe
illustrazione di Corrado Mastantuono, dalla copertina di Magico Vento n.109

(c) 1997-2010 Sergio Bonelli Editore

Ned e Poe<br>illustrazione di Corrado Mastantuono, dalla copertina di Magico Vento n.109<br><i>(c) 1997-2010 Sergio Bonelli Editore</i>

3) La ricostruzione storica

Un altro aspetto che caratterizza Magico Vento è la pregevole ricostruzione del periodo storico in cui si svolgono le storie (dal 1869 a inizio serie al 1880 nel finale), sia a livello sociale che politico-economico: dalla corruzione nella gestione delle riserve indiane alle condizioni di vita degli immigrati cinesi, dal razzismo ancora ben presente dopo la guerra civile agli scioperi dei lavoratori delle ferrovie. Lo stesso vale per gli episodi storici che, con una narrazione romanzata, presentano, senza pedanteria e con grande semplicità e chiarezza, gli aspetti politici ed economici che hanno condotto a situazioni come la leggendaria battaglia del Little Big Horn in cui morirono Custer ed il Settimo Cavalleggeri, di cui sono raccontati i retroscena ed i fatti precedenti e successivi.

A simbolica testimonianza di questa continua attenzione al sottotesto storico delle trame cito, non a caso, uno degli episodi meno avvincenti, "Furia assassina" (n.93), in cui i banditi che assaltano le diligenze delle paghe non sono dei delinquenti patentati avidi e ghignanti, ma dei contadini rovinati dalle compagnie minerarie.

4) La narrazione

La serie di Magico Vento va custodita con cura anche perché è un fumetto raccontato bene.

Raccontare a fumetti significa catturare l’attenzione del lettore creando un’esperienza di continuità che lo immerga nella storia astraendolo da tutto il resto, e per farlo occorre equilibrare le parole e le immagini, togliere le chiacchiere superflue o che sottolineano l'ovvio, creare le condizioni affinché possa essere anche il disegno a portare avanti la storia, senza basarsi soltanto sulla parola.

Difficilmente troverete un episodio di Magico Vento che non vi lascerà almeno uno spunto, un invito alla riflessione, dei valori, presenti nei dialoghi o celati tra i contenuti, che si rivolgono, senza retorica, all’intera gamma delle emozioni e dei momenti dolorosi che si affrontano nella vita
Raccontata bene, anche una storia che qualcuno definirebbe una sequenza di pistolettate (o, volgarmente, "pim-pum-pam") può diventare molto di più. Non bastano le idee, occorre infatti saperle raccontare. Tanti messaggi, espliciti e non, possono essere inseriti sapendo sfruttare le caratteristiche del fumetto. Si pensi ai recenti episodi "Sentieri di sangue" (n.123) e "El Ciego" (n.124), dove l’inutilità dei massacri che vi compaiono e l’insensatezza della cupidigia emergono con forza e naturalezza dalla lettura senza bisogno di spenderci parole sopra.

Difficilmente troverete un episodio di Magico Vento che non vi lascerà almeno uno spunto, un invito alla riflessione, dei valori, presenti nei dialoghi o celati tra i contenuti, che si rivolgono, senza retorica, all’intera gamma delle emozioni e dei momenti dolorosi che si affrontano nella vita. Se aprite troppi albi recenti dei pluridecennali Zagor o Martin Mystère, vi potete invece rendere conto che le regole per creare una lettura appassionante se le ricorda, in pratica, soltanto Paolo Morales.

Per una buona narrazione a fumetti è importante, naturalmente, il ruolo dei disegnatori. Magico Vento è da riscoprire anche per l’eccellente livello grafico, necessario per la ricostruzione delle ambientazioni storiche e per dare forma alle emozioni dei personaggi. C’è stato sicuramente un calo dopo il ciclo delle guerre indiane, con l’abbandono di "mostri sacri" del calibro di Pasquale Frisenda o Goran Parlov, ma la media si è mantenuta ad un buon livello grazie alla continuità garantita dal duo Giuseppe Barbati-Bruno Ramella (colonna grafica della testata) ed ai contributi di altri artisti di talento tra i quali si sono particolarmente messi in evidenza Darko Perovic e la coppia Stefano Biglia-Giovanni Talami.

Un uomo senza passato insegue il proprio destino
illustrazione di Andrea Venturi, dalla copertina di Magico Vento n.12

(c) 1997-2010 Sergio Bonelli Editore

Un uomo senza passato insegue il proprio destino<br>illustrazione di Andrea Venturi, dalla copertina di Magico Vento n.12<br><i>(c) 1997-2010 Sergio Bonelli Editore</i>

5) Le rubriche

Magico Vento è infine da riscoprire anche per le rubriche che accompagnano i singoli albi: il Blizzard Gazette, lo stimolante approfondimento dei temi storico-culturali degli episodi, e La Posta di Poe, uno spazio di dialogo tra autore e lettori mai banale in cui sono spesso ripresi i valori espressi dalla testata, tra cui quel mitakuye oyasin ("siamo tutti fratelli" in lakota) diventato abituale saluto finale di ogni mese.

Un consiglio

Magico Vento è una serie che per le sue caratteristiche (una saga in stretta continuità scritta da un solo autore) ha avuto il coraggio di interrompersi al momento giusto, con un finale appagante
Il consiglio finale non può che essere quello di recuperare tutta la serie e leggerla, ordinatamente, dal primo all'ultimo albo
, quando si iniziava a percepire una certa stanchezza, pur non essendo venute meno in maniera sensibile le caratteristiche di fondo che ho illustrato.

Al potenziale lettore che non l’ha letto in questi tredici anni si possono suggerire alcuni notevoli episodi svincolati dalla continuity per sperimentare le caratteristiche della serie: "La mano sinistra del diavolo" (n.19), "Il ladro di bisonti" (n.33), "La luna delle foglie cadenti" (n.35), "La montagna degli specchi" (n.73) e "Killer Town" (n.80).

Ma il consiglio finale non può che essere quello di recuperare tutta la serie e leggerla, ordinatamente, dal primo all'ultimo albo. Chi ama il buon fumetto difficilmente potrà pentirsene.

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