Haru Polish
Le Katane tagliano le persone, tuttavia allo stesso tempo le difendono anche... Però fate attenzione, è un potere troppo grande per una bambina piccola, rischia di esserne posseduta.
Minuta, carina ma sicuramente non eclatante, infantile, sventata, anche un po' egocentrica, perseguitata da una paura patologica nei confronti dei coetanei maschi, da qualsiasi parte la si guardi Haru è una...
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normale studentessa giapponese [batte la testa contro un muro].
Ora che lo abbiamo detto possiamo passare al "ma", che in questo caso consiste nell'infatuazione ossessiva, quasi un istinto primordiale, che questa ragazzina persino un po' anonima ha per le spade giapponesi: quegli artefatti che hanno trasceso lo status di prodotto artigianale e sono diventati leggenda e simbolo di un popolo, della sua forza, della sua crudeltà. Come le lame di Toledo dell'epoca di Moschettieri e Corsari, o le "sei colpi" che hanno costruito il Mito della Frontiera e, conseguentemente, quello degli Stati Uniti d'America.
Di fronte ad una Katana, o se sottoposta ad una situazione di stress, la normalmente timida Haru perde ogni inibizione e si trasforma. In una sorta di mimesi diviene affascinante, ipnotica e spaventosa. Contrariamente a quanto dovrebbe ragionevolmente accadere, la Katana non diventa estensione di Haru ma pare quasi sia Haru a diventare estensione della Katana.
Quanto questo possa essere pericoloso nel sonnacchioso Giappone moderno, lo intuisce rapidamente
Sincera cultrice di tale arte, Wakana viene immediatamente affascinata (e spaventata) da Haru e le propone di aiutarla a rifondare il club di Iaido.
Sventatamente, aggraziatamente, pericolosamente, Haru si incamminerà sulla strada di una nuova vita scolastica e oltre, incontrando strani personaggi tra cui il coetaneo
Pubblicato da GOEN, Haru Polish è un manga difficile da definire.
Se dovessimo considerare il solo character design, a cura della disegnatrice Yu Minamoto ci troveremmo di fronte ad un manga "bishojo" (di belle ragazze) di classica ambientazione scolastica, in cui le ragazze rappresentate in attività atletiche con le uniformi di rito sono esposte all'ammirazione del lettore. Se invece allarghiamo lo sguardo alla composizione di tavola, con il suo alternarsi di inquadrature luminose e sognanti a inquadrature cupe, distorte e decorate da macchie di inchiostro a simulare piogge di sangue, allora ci viene alla mente il triller psicologico a tinte "slasher", con apparentemente innoqui "nessuno" che mutano in serial-killer spinti da anormali pulsioni erotiche.
Se, infine, a tutto sovrapponiamo la costruzione narrativa, sia di tavola che di eventi e dialoghi, questi ultimi a cura di Masahiro Totsuka quella che abbiamo è un viaggio iniziatico alla conoscenza di sè che coinvolge i personaggi e, da subito, li pone di fronte alla tentazione.
E' piacevole notare come un manga così apparentemente leggero riesca a rendere bene la fascinazione istintiva che l'uomo, scimmia nuda ed indifesa, prova per le armi: zanne invincibili superiori a quelle di qualunque altro animale. Grazie ai personaggi rappresentati viviamo il ricordo di quella vertigine che ha preso ciascuno di noi nel momento in cui abbiamo impugnato il manico di un'arma, o di una riproduzione fedele. Il momento in cui ci siamo immaginati di usarla.
Questa vertigine viene rappresentata in diversi modi per ogni personaggio, da Haru che vi annega trasportata dalle sue pulsioni, a Wakana che pare controllarla con la disciplina, a Toij che ne fa uno strumento per perseguire un obiettivo oscuro, alla infantile Hinako che ne è catturata, innocente, come da un'immagine sublime.
C'è probabilmente dietro a questo carico di significato la passione e l'esperienza della disegnatrice, che dai redazionali scopriamo essere Cintura Nera di Iaido.
Come si sarà capito, ci troviamo di fronte ad un manga estremamente "emozionale", che ricorre a tutti i trucchi grafici e narrativi per "denudare" al lettore i personaggi. In questo suo agire è sicuramente apprezzabile e conquista il lettore (almeno il lettore che sta scrivendo ora), ma si espone a due rischi.
Il primo è chiaramente quello di risultare indifferente, o addirittura urtare, se non entrasse in sintonia con il lettore: troppa esposizione non lascia margini di recupero.
Il secondo è di infilarsi in un vicolo cieco: il carico di tensioni create con il primo numero difficilmente può essere gestito con una narrazione che rimanga negli ambiti della vita scolastica: seppur in maniera simulata si è mostrato lo scontro tra vita e morte e la proverbiale "pistola" messa in scena è diventata co-protagonista. Il rischio è quindi quello di mettere in campo intrighi che vanno oltre la (sigh!) "normale vita liceale" o, per opposto, di smontare il tutto riconducendo la narrazione all'alveo forzato nella "quotidianità".
Detto questo, nonostante i timori per gli sviluppi futuri, non possiamo non consigliare al lettore di provare almeno il primo numero di quest'opera, augurandoci che la coppia di autori riesca nell'impresa "difficile" ma non "impossibile" di mantenerne alto lo spirito. Haru Polish di Masahiro Totsuka (testi) e Yu Minamoto (disegni) - volume brossurato - b/n - GOEN - 4.50