L'albo narra la vita dell'umile e forte donna giapponese
Non posso nascondere che è con una certa trepidante emozione che recensisco questa ultima opera fumettistica del noto fumettista giapponese Jirô Taniguchi. Se vi aspettate da me un giudizio sub partes non lo avrete, perché vi sono coinvolto doppiamente. Da sempre sono appassionato dell'opera narrativa di Jiro Taniguchi e in secondo luogo sono parte del Sangha italiano di Shinnyo-en dal 2005. Così quando seppi che a settembre 2015 era stato tradotto e pubblicato in italiano dalla Rizzoli Lizard, il volume a fumetti che narra della vita della Fondatrice di Shinnyo-en, pur avendolo già in giapponese, me lo sono procurato immediatamente, l'ho letto nella versione italiana e ora ve lo sto recensendo.
In fondo all'albo è inoltre stata pubblicata un'intervista a Jirô Taniguchi realizzata da Thomas Hantson in cui l'autore, alla domanda dell'intervistatore su come mai abbia deciso di realizzare un albo proprio sulla vita di questa donna, ammette che la propria moglie è fedele di Shinnyo-en da 30 anni e così lui stesso, pur non essendo molto praticante, accompagnando la moglie alle funzioni liturgiche ha avuto modo di conoscere dal di dentro questa realtà religiosa. Ed è appunto in questo modo, come si suol dire "da cosa nasce cosa", che gli è stato proposto di realizzare un'opera a partire dalla biografia della Fondatrice. Jirô Taniguchi ha posto come premessa solo quella di poter decidere personalmente come impostare la storia avendo libertà di scelta narrativa e diciamo pure anche di licenza poetica, anche se per la sceneggiatura si è servito della professionalità di un altro autore giapponese: Miwako Ogihara.
Nel volume vi sono immagini come quelle soprastanti che ritraggono scatti fotografici della famiglia Uchida. Tutte foto realmente esistenti, che io possiedo, ma che per ragioni di rispetto non ho l'autorizzazione di divulgare. Vi sono ovviamente delle ragioni legate a motivi di tradizione culturale giapponese, ma anche implicite all'insegnamento buddista che si basa molto sull'uso dell'immagine come mezzo su cui focalizzare la propria meditazione. Non si tratta di idolatria ovviamente, ma piuttosto di mettere in atto una sorta di processo di purificazione del pensiero, imparando a non abusare dei mezzi mediatici che sfruttano una tecnologia che nella nostra società invade sempre di più la privacy dei singoli individui.
Detto questo tutte le tappe principali della vita di Tomoji sono state toccate e bisogna dire che Jirô Taniguchi ha saputo creare una splendida e tenera vicenda amorosa che ha unito le vite di un uomo e di una donna in un modo che al giorno d'oggi sarebbe bello poter tornare a veder accadere. La cinematografia moderna, con le sue storie d'amore sempre più audaci e certe volte violente, se non del tutto pornografiche, ha di fatto contaminato il nostro modo di vivere le relazioni. Ed è questo modo di bruciare tali relazioni nel fuoco della passione fisica, ad essere probabilmente fra i principali motivi che stanno alla base dei tanti fallimenti odierni nelle relazioni coniugali in cui non si è in nessun modo coltivata la sfera spirituale. Leggere questa storia disegnata da Taniguchi in cui con pudore Fumiaki chiede, in un luogo di soggiorno per viandanti, di poter avere due stanze per dormire separatamente dato che non sono ancora sposati, sembrano proprio cose d'altri tempi eppure se ci si riflette bene, in fondo al cuore, sono una forma di sensibilità di coppia che avremmo voluto tutti poter perpetuare anche nel nostro presente per tramandarlo alle generazioni dei nostri figli con la stessa visione immacolata.
Le atmosfere create da Taniguchi sono grandiose. Non solo per i suoi disegni, ma anche per la commozione e l'intensità di significato dei passaggi narrativi. L'ombrello che Tomoji regge durante i viaggi andata e ritorno da scuola diventerà simbolo dell'insegnamento di cui in futuro diverrà co-fondatrice col marito e che come un ombrello proteggerà tutti dalla pioggia karmica delle sventure dell'esistenza e delle sofferenze che vi sono correlate. Bellissimo il modo in cui nel respiro di un solo volume a fumetti l'autore ci mostra la crescita di un personaggio dalla nascita fino alla maturità senza lasciarci intendere che vi sia alcun vuoto o anello mancante in questo processo evolutivo.
Fumiaki Ito, l'ingegnere aeronautico fondatore di Shinnyo-en
Vignetta di Jiro Taniguchi
(c) 2015 Rizzoli Lizard
Durante il terremoto di
Questa capacità di visione positiva e propositiva del futuro di fronte alle vicissitudini della vita è ciò che fin dall'inizio ha accomunato queste due anime che così sono giunte ad amarsi e col loro amore estendere su tutti, non solo sui propri cinque figli, una dimora di salvezza che si propagasse in tutto il globo senza distinzioni e discriminazioni divenendo di fatto già ad oggi l'ordine buddista più diffuso al mondo non dal punto di vista del numero di fedeli, ma dal punto di vista del numero di nazioni e paesi in cui tale insegnamento viene praticato.
Da notare che Taniguchi ha anche l'accortezza di introdurre dei segni anche nei numeri. Ci comunica il dettaglio che la tenda misura sei piedi per otto. Non vi saprei dire se vi sia una verità storica in questa numerologia che Taniguchi potrebbe aver acquisito direttamente dai suoi colloqui con la figlia di Tomoji e Fumiaki, ora capo di Shinnyo-en. Quel che è certo è che quei due numeri sono molto importanti sia per il mondo intero, sia per il popolo giapponese in generale e sia per coloro che fanno parte di Shinnyo-en. Infatti il
Taniguchi ci vuole comunicare con questo simbolismo che come quella tenda fu usata da Fumiaki per reggere le persone in un luogo protetto e maggiormente isolato dal freddo, allo stesso modo la sua futura moglie offrendo tutta la sua vita, diverrà il fondamento della felicità e calore che si estenderà a tutte le genti? Vogliamo credere che Taniguchi in un modo o nell'altro abbia voluto introdurre nella sua narrazione questo riferimento nascosto e premonitivo.
Tomoji, una bambina che diverrà madre della sua sorellina minore dopo la morte del padre e la perdita della madre. Tomoji, che salvava ogni chicco di riso caduto a terra, senza sprecarlo, perché in ogni chicco di riso c'è l'energia vitale del Buddha. Tomoji, che divenuta sarta tesse il suo primo kimono per la moglie del fratellastro che l'ha mantenuta col proprio lavoro e con l'aiuto della nonna. Tomoji, che nel suo altruismo prepara i maki con foglie d'alga per il fratello e la nonna, ma poi si dimentica di portarli via per se stessa quando va in gita scolastica, dimostrando, così giovane, di essere più concentrata sui bisogni degli altri che non dei propri. Tomoji, che ripara una scarpa ad una bimba e le torna alla mente la scarpa rotta della sorellina quando la madre scomparve nella notte, dimostrando così che lei non solo della sorella è pronta a divenire come una madre, ma di tutti coloro che percorrendo accanto a lei il sentiero della vita, sono nella condizione del bisogno. Tomoji, che una volta presa la decisione di sposare Fumiaki, non fa passi indietro dettati dall'indecisione, ma fa passi avanti con l'audacia che la sua epoca le consentiva, per mezzo di una lettera breve, ma esplicita: "Caro Fumiaki, se davvero desideri sposarmi ... vieni a prendermi al più presto. Sono pronta a venire via con te. Io ti aspetterò."
Tomoji, la sola donna che in 1300 anni di esistenza dell'ordine buddista giapponese Shingon fondato da Kūkai, ha ricevuto l'ordinazione monastica come somma sacerdotessa presso il tempio di
Ma questo fa parte di tutta un'altra storia e non vediamo l'ora di vedercela raccontare da Jirô Taniguchi in un suo futuro volume a fumetti.