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"Osservazioni astronomiche"

TESTI
Soggetto
e
Sceneggiatura
Yu Aida
DISEGNI
Yu Aida



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cover vol.01


Quel fragile limite tra umano e inumano.

L'innocenza uccide
recensione di Luca Cerutti

Nel leggere e nel recensire questa nuova uscita per la Shin Vision mi trovo nella spiacevole situazione di chi "ha l'impressione di aver dimenticato qualcosa", ma non sa se si tratta di una banale luce accesa o di un meno banale rubinetto del gas aperto. Quale che sia l'ipotesi valida, la percezione è: "non dovrei essere così tranquillo" nello scrivere queste righe.
Leggendo "Gunslinger girl" infatti, la mia prima reazione è stata di angoscia. Viene infatti messa in scena una delle più classiche prospettive fantapolitiche "pessimiste": una istituzione segreta che usa adolescenti, anzi bambine, come armi per "operazioni sporche", dall'eliminazione di un gruppo terrorista a quella di un politico scomodo.
Non basta però certamente questo a giustificare la percezione anomala di cui parlavo, dopotutto le "giovani armi da guerra" sono un leit-motiv abbastanza diffuso nell'immaginario nipponico. Solo per fare un esempio recente, la co-protagonista di "Angel Heart", interessante sequel di "City Hunter", è una efficientissima ex-killer formata fin da bambina all'omicidio a sangue freddo. Ma andando più indietro viene in mente il Progetto Cosmos che avrebbe creato, tra tanti supersoldati bambini, anche il ribelle Yu Ominae alias "Spriggan".
Quello che aggiunge un valore di "inquietudine" all'opera dell'esordiente Yu Aida è, però, il particolare punto di vista adottato.

In giro per la rete..
Sito Shin Vision

"Gunslinger Girl" infatti, narra di un ente pubblico italiano (mi chiedo quale immagine abbiamo dato all'estero) l' "Ente per il benessere sociale" che si occupa ufficialmente di reinserire nella società delle giovanissime adolescenti che, per traumi gravissimi o malattie congenite, abbiano riportato invalidità permanenti. A costoro viene impiantato un corpo artificiale e, tramite un processo di rieducazione a base di droghe, viene fatto dimenticare il trauma patito: spesso uno dei tanti orrori che infestano le pagine di cronaca.
Quello che accade dietro le quinte è, però, molto meno edificante: le ragazzine vengono dotate di un corpo praticamente indistruttibile e adatto, come si anticipava, a operazioni di omicidio per conto del governo. Operazioni per cui ricevono un addestramento e un condizionamento specifico. Trattandosi di "unità" dall'autonomia limitata, soprattutto a causa delle droghe, e dal comportamento non completamente prevedibile, ad ogni ragazzina viene affibbiato uno e un solo "fratello": un adulto, anche detto "responsabile", a cui deve ubbidire e che è condizionata a proteggere a costo della vita.
"Gunslinger Girl" si concentra, appunto, sulle vicissitudini di queste coppie di "fratelli" prendendo comunque sempre come riferimento la "ragazzina-robot".
Nel primo volume vengono quindi presentate le coppie che, presumibilmente, ci accompagneranno per il resto dell'opera.
Si comincia con Henrietta, che ha perso i genitori, gli arti e l'innocenza in un massacro orrendo perpetrato da qualche ignoto serial killer. Distrutta nel corpo e nello spirito viene scelta da Jose, "responsabile" poco adatto al ruolo: troppo empatico, troppo preoccupato per la sua giovane partner e per l'effetto che le droghe possono avere sulla mente e la memoria di lei. D'altra parte egli è ben conscio che ciò che ella ha vissuto sarà meglio non venga mai ricordato. Come conseguenza, il giovane diventa "tutto il mondo" di Henrietta con non poche complicazioni professionali.

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Henrietta e Jose

Di pasta ben diversa e Jean, che chiama Jose "fratello" (pur non essendo chiaro se lo sono veramente). Pratico ed efficiente, ha scelto come "strumento" Rico e come tale la usa. Rico da parte sua ha vissuto undici anni su di un letto di ospedale a causa di una malattia congenita e "L'Ente" è la prima realtà che può finalmente conoscere con i suoi sensi. Di questa nuova vita ama ogni cosa e ogni piccolo particolare e per continuarla è disposta a tutto: sopportare i metodi di Jean o uccidere un innocente.
Infine c'è Triela: la più "anziana" tra i "corpi artificiali", caratterizzata da una visione insolitamente lucida e pratica, scampata ad uno "snuff movie" a cui i genitori l'avevano probabilmente venduta. I suoi ricordi sembrano ancora nitidi, ma pare averne fatto la base per una filosofia ispirata a "il passato è passato". L'unico punto critico di questo suo invidiabile autocontrollo sembra essere il suo responsabile Hilscher: ex poliziotto integerrimo dell'EuroPol, in imbarazzo nel gestire un rapporto autoritario con questa "giovane adulta" e, quindi, continuamente oscillante tra gli estremi Jean e Jose.

Come detto è il "punto di vista" a fare la differenza. "L'Ente" non è "L'Impero del Male" che incombe sulla storia, ma la casa stessa delle protagoniste, il luogo in cui si sviluppano i loro dialoghi, le loro storie, i loro desideri, le loro crisi esistenziali. Le storie iniziano sempre con il contatto con i responsabili e la sceneggiatura non prescinde neanche un secondo da questa presenza. Così il lettore deve "vivere" fianco a fianco con quello che normalmente sarebbe "l'abominio" e la sceneggiatura glielo rende normale e accettabile.
Tutte quelle cose che sarebbero state normalmente viste "dal buco della serratura", tramite una visuale parziale, come la preparazione di un omicidio con un'imprevista vittima innocente, piuttosto che l'insabbiamento di prove compromettenti, viene invece palesato ed esposto come "il fulcro" della narrazione.

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Jean e Rico
Da parte sua, il comparto grafico regge bene questa percezione di inquietante normalità. Il character design è ibridato tra il manga d'azione e quello per ragazzini, con le giovani protagoniste che hanno un che di bamboleggiante nella loro forma, impressione rafforzata dagli abiti anonimi e tagliati geometricamente, quasi come abitini di carta. Gli impermeabili massicci quasi sempre indossati dai "responsabili" danno invece a questi ultimi un aspetto quadrato, che ricorda per certi versi i gendarmi di Pinocchio, anche se non penso la cosa sia nota all'autore. Certamente il taglio aspro dei loro profili e i loro occhi piccoli, creano quella distanza umana che pare condannare alla futilità qualsiasi atto di gentilezza.
Gli ambienti, da parte loro, sono asettici e dominati da tonalità chiare, una pulizia che pare sbattere in faccia al lettore il fatto che, alla fine, tutto avviene alla luce del sole, con gli occhi giusti chiusi per dovere o per forza. Anche in questo caso la dimensione della "congiura" che creava "l'eccezionalità" del male, viene a mancare. Le tavole, infine, sono costruite in maniera professionale, senza eccessi nè in senso positivo nè in senso negativo. Funzionali.
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Triela e Hilscher
Trarre delle conclusioni su questo fumetto è difficile. Probabilmente è opportuno partire dal suo peggior difetto, ovvero un'ambientazione che crolla miseramente dopo pochissime pagine, complice la sfortuna di essere stato adattato nella nazione in cui si svolgono le vicende. L'Italia rappresentata non è neanche lontanamente credibile e non, come ironicamente si potrebbe pensare, per il fatto che "L'Ente" è troppo efficiente ed avanzato per essere un'istituzione nostrana (o "non solo"), ma proprio perchè non viene proprio fatto nessuno sforzo per renderla tale. Dai nomi dei protagonisti agli ambienti da cartolina, passando per i comprimari dall'onomastica stereotipa (compreso un Mario Bossi che scampa per una sola lettera il titolo di personaggio col nome più banale dell'anno), la documentazione dell'autore si rivela più che carente. Si rimpiange non solo la didascalica Italia rinascimentale dell'ottimo "Pilgrim Jager", ma anche la più fantasiosa eppure paradossalmente verace Italia della quinta serie di "Le bizzarre avventure di JoJo".
Detto questo, però, mi trovo di fronte ad un fumetto di intento apparentemente ludico che mi ha dato parecchio da riflettere. Per un soggetto del genere, così alieno a quello che il mio senso comune riteneva "raccontabile" ancora mi chiedo se l'autore ha spregiudicatamente messo in campo un soggetto anomalo per il puro gusto della storia, se esiste un intento di spietata provocazione, oppure se stiamo assistendo ad una nuova leva di narratori che, con l'Hiroki Endo di "Eden" e Takahashi Shin di "Saikano" si compiacciono di una narrazione disperatamente cinica della "fine della storia".
Dedico tanto spazio all'impressione personale proprio per definire l'unica conclusione certa su questo fumetto: se non evocherà nel lettore lo stesso disagio evocato nel vostro modesto recensore, rischierà di essere dimenticato in fretta.
Questa "banalità" di una situazione assolutamente "inumana", infatti, è il suo maggiore punto di forza. Ci troviamo di fronte a uno di quei casi in cui lo scontato "o lo si ama o lo si odia" non si applica ed entra in vigore la ben più pericolosa dicotomia tra il restarne affascinati o lo scoprirsi totalmente indifferenti.
Purtuttavia, bisogna dar credito alla Shin Vision dell'ennesima ardita scommessa presentata al lettore, il che non guasta mai, in una confezione ben curata.


Gunslinger Girl di Yu Aida
(Collana Secrets/Shin Vision), 176pp ca. b/n, Euro 4,90, albo brossurato con sovracoperta, bimestrale, senso di lettura giapponese

 

 


 
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