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Tutto cambi, affinchè tutto rimanga com' è...
Dove eravamo rimasti / 2 ?
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Venne la Guerra, e l'uomo cambiò. Venne la Guerra, e l'uomo rimase uguale a prima. L'eco gattopardiana dell'incipit tenta di racchiudere (pur senza la pretesa di esaurire) lo sforzo perpetrato dalla Volontà dell'Uomo per rialzarsi, una volta ancora, dal proprio letto di sofferenze e prendere parte alla danza delle macerie della propria vita e del proprio mondo - secondo tra l'altro una visione ottimamente suggerita da De Angelis nell'ennesimo nuovo logo della testata.
Quanto la precedente storia tripla di Medda era necessaria (disperatamente necessaria, se possibile!) per ridare a quella luce che filtra attraverso le crepe, qualcosa o qualcuno da poter nuovamente illuminare, tanto questa di Vietti era da attendersi in merito alle nuove prospettive narrative verso cui il mondo neveriano (e fondamentalmente viettiano) si è indirizzato negli ultimi tempi. Dov'è il Nathan Never che riabbraccia finalmente la sua amata Sara? Che agisce volontariamente al di sopra (o al di sotto) delle regole, politically uncorrect, realmente calato nello scempio della sua città, e non intento solo a gettarle uno sguardo da dietro una vetrata? Mettiamola così! La storia funziona (e si merita i suoi voti) se si lascia volutamente Nathan da parte. A questo punto, allora, è la storia del colonnello Gordon, la cui caratterizzazione però regge fino a quando questi appare come atipico "deus-ex-machina", ed il lettore viene chiamato a conoscerlo indirettamente, saggiando il suo ascendente sui tanti altri personaggi di quest'avventura; è la storia di "Branko & family", che in un modo o nell'altro ha la sua ragion d'essere, nella sua ricerca di una "normalità" che forse ha l'unico torto di venirci mostrata ogni volta in tempi e modi non del tutto consoni; è la storia dei già citati "tre anni...", di cui si è già detto prima, la quale purtroppo parla solo per voce di poche, troppo poche persone, finendo con lo smarrire il senso di se stessa, fino a chiedersi se sia una storia di "tre anni..." o di "tre mesi..." (le espressioni cucite addosso a qualunque personaggio dotato di favella sarebbero infatti adattabili ad entrambi i casi :-)); è la storia (iniziale) di Nicole Bayeux, la quale porta sulle spalle la responsabilità tipica di tutti i nuovi comprimari, specie se chiamati a sostituirne altri mai pienamente inquadrati nè dai lettori, nè dagli stessi autori. D'altronde, in questa sua tripla d'esordio, la sua caratterizzazione segue un percorso tutto sommato standard (Primo albo: generica descrizione. Secondo albo: lieve approfondimento del background socio-psicologico. Terzo albo: prova "su strada", nel senso di valutazione delle qualità in azione). Sopra ogni cosa, però, questa è la storia di Solomon Darver (accompagnato dall'ottima spalla Sigmund Baginov): è indubbiamente lui il volano che governa il mutuo funzionamento di tutti gli ingranaggi "dietro le quinte". Spregiudicato, faccia di bronzo, bastardo quanto basta, ma al contempo addolorato e leale, forse più simile ad un "machiavellico" Principe di quanto lui stesso non possa credere, o sapere.
Vietti, fin dai suoi esordi, ha sempre avuto il pallino del complotto politico, inserendosi così in una tematica che, seppur presente sin dall'inizio nell'orbita del personaggio Nathan Never come elemento fortemente realistico, aveva trovato nel solo Medda una più vivace originalità e freschezza di idee (e a questo proposito non si può non accennare a figure come il senatore Sawyer o il terrorista Hans Schneider, ad esempio nella storia che li ha visti entrambi grandi mattatori, vale a dire il quarto Gigante). ![]() ![]() ![]()
Particolarmente ispirati i disegni in questa prima tripla completamente "a solo" di Cascioli (nella precedente, infatti, la prima parte fu disegnata da un altrettanto in gamba Dante Bastianoni), quasi che i suoi ritmi espressivi ormai raggiungano compiuta maturazione solo sotto la spinta di un'adeguata dilatazione del respiro narrativo (suo è infatti anche l'ultimo Agenzia Alfa composto da un'unica storia, e sempre su testi dello "story-teller" Vietti). Rispetto a queste prove si nota ora una minore accentuazione delle matite, in particolare nei piani ravvicinati, unitamente alla ricerca di un sempre più calibrato dosaggio delle retinature - sebbene, in specie dopo una prima lettura, vi possa ancora essere la sensazione di un eccessivo ricorso alle stesse, soprattutto se si fa riferimento alla cifra stilistica adottata da gran parte degli altri disegnatori della serie.
In generale, però, le attese dei testi sono ampiamente rispettate, nella resa ipertrofica tanto di ambienti e scenari marziani, quanto di macchinari ed attrezzature: un sempre più progressivo allontanamento da una certa plausibilità tecnologica in favore di un sentire sempre più "fantascientifico", ma almeno condotto graficamente con un certo criterio di continuità. ![]() ![]() ![]()
Il Nathan Never versione "videoludica" compie nuovi passi in avanti, ridotto in storie come questa alla controfigura cinematografica di se stesso. No, non ci sono crepe qui, attraverso cui filtri la luce. Ma chissà quando.
Vedere anche la scheda della storia
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