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" Il cavaliere
senza nome"


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Simòne
Michù

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Un cavaliere errante alla ricerca del proprio nome, un cadavere sfigurato dall'identità incerta...ed anche Napoleone, privato dei suoi spiritelli, comincia a sentirsi un po' perso...

O miei spiritelli, perché mi avete abbandonato?
recensione di Francesco Manetti



TESTI
Sog. e Sce. Carlo Ambrosini    

Il primo numero di questa nuova miniserie di Ambrosini non era stato particolarmente esaltante. Napoleone pareva un tipo un po' troppo "sulle sue", ancora tutto da scoprire. Dumas, peggio ancora, sembrava un personaggio abbastanza "grigio" e Susanne Bauer una figura decisamente stereotipata (la classica donna da salvare, da amare per una notte e nulla più). La storia, semplice, lineare, non riusciva, aldilà degli interrogativi suscitati dalla figura del Cardinale, ad avvincere più di tanto. L'unico motivo di interesse (ovvero la compresenza, accanto all'intreccio noir, di una dimensione surreale-onirica) si limitava per il momento alla mera presentazione della "dimensione al di sopra" e dei tre spiritelli prodotti dall'inconscio del protagonista.

In questo secondo numero la storia si fa invece più complessa e, di conseguenza, più ricca di sfumature e di motivi di interesse. La ricerca della propria identità da parte di un cavaliere errante, il fatto che un cadavere sfigurato e una misteriosa femme fatale portino lo stesso nome, l'inspiegabile sparizione di Lucrezia, di Caliendo e di Scintillone sono elementi apparentemente privi di legame i quali si rivelano invece strettamente connessi fra loro, in ragione di un preciso disegno del "caso" (o, per essere più precisi, di un preciso disegno tracciato da un fantomatico Presidente della commissione che governa il "caso" :-). Quel che si ottiene è un intreccio ben congegnato, o comunque un intreccio che scorre bene. La suspense non manca, né mancano i colpi di scena.

"la sceneggiatura riesce a coinvolgerci, a darci emozioni"
   

Che poi la conclusione delle vicende possa apparire, per certi aspetti, deludente o semplicistica non ha eccessiva importanza. La sceneggiatura, infatti, riesce perfettamente a coinvolgerci, a darci emozioni, ad esaltare anche personaggi che compaiono per poche tavole (penso, ad esempio, a Colette).

(8k)
Simòne Pellieri
disegno di Del Vecchio
(c) 1997 SBE
   
Particolarmente suggestivo il prologo, nel quale Napoleone, in cerca dei suoi tre spiritelli, vaga in un deserto surreale popolato da curiose presenze, ed il racconto dell'impiccato. Simpatico il personaggio di Michù (ripreso pari pari, "birrette" comprese, dal film "La crisi!" di Coline Serreau). Seducente, a suo modo, la "nuova" Simòne.

Se nel primo numero la dimensione onirica non aveva la minima incidenza sull'intreccio noir del mondo reale, qui i due mondi, pur non compenetrandosi, diventano l'uno lo specchio dell'altro. C'è un parallelismo, infatti, fra la storia del cavaliere senza nome e la vicenda che lega il ritrovamento del cadavere sfigurato di Simòne alla sparizione di Georges Boulevier. Aldilà del parallelismo, il tramite fra queste due storie è costituito inoltre da Napoleone stesso, in quanto egli si unisce, nell'"al di sopra" dei suoi sogni, al viaggio del cavaliere senza nome, ed indaga, nel nostro mondo, sul mistero legato alle due Simòne. Se, insomma, non c'è ancora una precisa interazione fra i due mondi, ad entrambi viene comunque dato eguale spazio (a differenza di quanto accadeva nel primo numero). Questo non può che essere un aspetto positivo, dato che la peculiarità della serie consiste senz'altro nella commistione fra atmosfere e trame noir e onirismo e surrealtà.



DISEGNI
Pasquale Del Vecchio    

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Michù, disegno di Del Vecchio
(c) 1997 SBE
   
Pasquale Del Vecchio, già autore di alcuni numeri di Nick Raider e di un "vecchio" Zona X ("Dietro le quinte", ZX 9b) sta compiendo notevoli progressi. In "Dietro le quinte" il suo tratto era ancora "duro", legnoso, poco sciolto. Nei suoi primi numeri di Nick Raider qualche prospettiva era poco convincente e si notavano ancora, qua e là, alcune incertezze.

Qui, come ne "Il killer della quinta strada" (NR 105/106), Del Vecchio si dimostra ormai un disegnatore molto valido. Se Napoleone dovesse spingersi aldilà dei primi otto numeri, spero che questo disegnatore diventi uno degli assi portanti della testata, insieme ovviamente ad Ambrosini e, se possibile, a Casertano (autore, quest'ultimo, di uno dei prossimi numeri).



GLOBALE
 

Un buon numero, in definitiva, ben più intrigante del precedente. Restano però ancora alcuni dubbi, sia sul personaggio in sé che sulla serie della quale egli è protagonista.

Essendo Napoleone una miniserie, ci aspettavamo una continuity più stretta fra i primi otto numeri, come una sorta di macro-storia che si evolvesse da un albo all'altro per trovare una sua conclusione, anche se non necessariamente definitiva, nell'ottavo e ultimo (?) numero (qualcosa, per intenderci, di paragonabile ai primi 15 numeri di Ken Parker). Di fatto, invece, i primi due numeri sono indipendenti l'uno dall'altro. Vedremo i prossimi.

Di Napoleone, inoltre, si continua quasi a saperne di più grazie a quanto ci viene detto nelle varie presentazioni in seconda di copertina e nei "Giornali di Bonelli" che grazie a quanto ci viene detto nelle storie. Nella presentazione a questo secondo albo, ad esempio, ci viene detto che Lucrezia, Caliendo e Scintillone rappresentano "tre diversi aspetti della sua anima; cioè, tre punti di riferimento che gli consentono di dialogare con se stesso e di avere un'idea sufficientemente chiara della sua identità". Lo stesso concetto è espresso, nella storia, dal Soprintendente della dimensione "al di sopra" quando questi dice a Napoleone che i tre spiritelli "sono parti di voi stesso, porzioni della vostra anima" (pag.97). Di fatto, essendo i tre spiritelli non ancora ben caratterizzati (Caliendo e Scintillone, ad esempio, mi sembrano interscambiabili), non si capisce quali parti della personalità di Napoleone essi rappresentino. Di conseguenza, Napoleone resta, almeno per il momento, un personaggio psicologicamente sfuggente. Ci sarà però modo, credo, in futuro, di definire ancor più il personaggio.

Qualche riflessione, infine, sui comprimari di Napoleone. Tutti sanno quanto sia importante il ruolo della "spalla" nelle serie bonelliane, quanto Cico contribuisca al successo di Zagor, Groucho a quello di Dylan Dog, Poe a quello di Magico Vento... Forse non è neppure un caso che i protagonisti delle testate bonelliane di minor successo abbiano delle "spalle" non particolarmente esaltanti (penso a Marvin, Jimmy e Art per Nick Raider), non sempre presenti (Esse-Esse, che quasi tutti i lettori vorrebbero sempre al fianco di Mister No) o del tutto assenti (è il caso di Ken Parker, fatta eccezione per i pochi numeri in cui è affiancato da Dash o da Pat O'Shane). Ebbene, le "spalle" di Napoleone mi sembrano, in base a quel che se ne può dire dopo aver letto i primi due numeri, prive di mordente. Dumas è semplicemente una versione incolore dell'ispettore Bloch. Boulet, che forse, nelle intenzioni di Ambrosini, dovrebbe farci ridere o perlomeno sorridere, non ha "verve" (vogliamo mettere con la comicità, sia pure involontaria, di Jenkins?). Non parliamo poi di Rose Simenon, la governante dell'hotel Astrid.

Restano i tre spiritelli. Di fatto, però, per una ragione o per l'altra, in questi primi due numeri essi non hanno modo di brillare granché.

In definitiva, comunque, la serie, se ben gestita e perfezionata, mi sembra ricca di potenzialità. Anche il passato di Napoleone, ad esempio, potrebbe fornire un ottimo serbatoio di storie esotico-avventurose.

La copertina è da incorniciare. Come sarebbe bello se Ambrosini dedicasse ad ogni tavola delle sue storie la stessa cura prestata alle copertine e al bel disegno riprodotto nel frontespizio interno! :-).
 

 


 
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