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Nick Raider  n.101
" Las Vegas "
(1k)
( 4 , 3 , 2 ) 2 + 2
39% equiv.
3/7


Nick si fa un viaggetto nella più rutilante città degli States, patria di slot machines, di donnine facile e di perdite miliardarie: Las Vegas...

Nick in trasferta: meglio lasciarlo nella Grande Mela!
recensione di Paolo Ottolina
Nick Raider



Soggetto
(1k)
4/7
Gianfranco Manfredi Considerando il buon livello generale su cui si è da tempo stabilizzata, la collana vara il secondo centinaio di avventure con un albo decisamente sottotono. Di Manfredi ho un ottimo ricordo nel doppio Dylan Dog sul Popolo dei ragni ("Aracnide"-"La Profezia"), e anche le uscite extra-newyorkesi di NR avevano sortito buoni esiti.

Scadente il livello della puntata, per una summa di motivi:
  1. Las Vegas è un'ambientazione dalle grandi potenzialità, ma la città dei casinò è poco più di un pretesto per una truffa, con annesso omicidio, legata al mondo del gioco;
  2. Nick è forse il personaggio Bonelli meno dotato di spessore e le storie volano alte quando sfruttano in maniera non macchiettistica la coralità dei molti comprimari: qui il poliziotto è solo e il suo ruolo purtroppo è debole e non caratterizzato;
  3. New York è la vera mattatrice della serie, realistica e palpabile più di qualsiasi protagonista: qui siamo in trasferta e serviva una trama ad effetto, e invece il plot puzza di deja-vu, di road-country movie riciclato, di telefilm scialbetto.
Nick Raider è il bonellide più realistico e difficile da realizzare, non permette scene oniriche e situazioni da fantascienza, bandisce vampiri, alieni, scienziati pazzi, realtà virtuali e uomini preistorici: niente trucchi insomma, e questo scusa un po' Manfredi (ma solo un po').

Sceneggiatura
(1k)
3/7
Gianfranco Manfredi Il suo stesso soggetto non permetteva certo voli pindarici, ma la definizione dei personaggi è davvero bidimensionale, priva di un qualsiasi spessore. Quasi mi sembra di leggere una delle serie gialle de "Il Giornalino" (senza offendere). La giustificazione per la trasferta di Nick non è tra le più plausibili e l'accondiscenza di Art a mettere uno dei suoi uomini al servizio di un miliardario mi lascia perplesso (non è che il ten.Ryan adori i pezzi grossi, anche se questo è un ex-compagno di scuola). Lo sviluppo temporale della vicenda, per di più, non fa salire l'adrenalina (a pag.42 già è quasi tutto chiaro) e nonostante nella seconda parte Manfredi cerchi di intorbidire le acque, il tentativo non risolleva di molto il coinvolgimento. L'atteggiamento del magnate Lyman fa poi intuire un qualche movente che si rivela poi inesistente.

Disegni
(1k)
2/7
Renato Polese Da un disegnatore ultra-classico come Polese (e da una serie come Nick) non mi aspetto certo inquadrature alla Castellini o layout innovativi, ma la cura di personaggi e ambientazioni è sempre da esigere. E qui non c'è né una né l'altra: molte espressioni facciali sono inesistenti o fuori luogo, il dettaglio degli ambienti scende a volte sotto il livello della decenza (vedi ad esempio la scena dell'inseguimento in auto). Infine, l'albo era ambientato a Las Vegas e non a Saint Vincent o a Campione d'Italia: ovvero due slot machines non fanno la capitale del gioco d'azzardo (e questa è un'occasione perduta).

Copertina
(1k)
2/3
Corrado
Mastantuono
Mastantuono è il terzo copertinista ufficiale della serie, dopo i grandi Casertano e Ramella. La sua precedente cover non mi aveva convinto molto (soprattutto nel volto di Nick), questa invece è decisamente buona, con un NR in pensosa contemplazione del luogo del delitto e le mille luci di Las Vegas sullo sfondo. Belli anche i colori, ma il voto è solo 2/3 perchè la scena non c'entra nulla con l'albo e perchè la città poteva essere meglio caratterizzata (ad es. con l'albergo Luxor presente all'interno).

Overall
(1k)
2/3
Il titolo suscitava caldi entusiasmi, purtroppo sopiti ben presto dalla realizzazione.

Mi accorgo di aver veramente bastonato il povero Nick, soprattutto se faccio riferimento ai valori numerici dei giudizi. In verità non volevo essere così drastico, ma il mio disappunto va al fatto che proprio dopo l'albo speciale a colori si inserisca una storia così dissonante dalla media degli albi (molto molto elevata, anche in virtù dell'alto coefficiente di difficoltà nella realizzazione). Così si fanno scappare eventuali nuovi lettori, e quando non si ha alle spalle la pletora di Dylandogofili... :-)



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