  

|
Sog. e
Sce. Tito Faraci
| |
|
E chi se lo aspettava? Dopo 165 albi della serie regolare e una ventina di avventure extra, tra speciali, almanacchi e allegati, preannunciato da una sequenza di storie mediamente più che buone, ecco il twist, il colpo di coda, la lama nella serie, parafrasando il titolo.
Faraci ci regala, per sua stessa ammissione, la sua "forse più eccessiva, trasgressiva e 'disinvolta' sceneggiatura" della ancora breve ma già prolifica attività bonelliana.
Un albo di rottura, dicevamo, rispetto agli standard della serialità nickraideriana. Forse presi singolarmente tutti i "più" che troviamo in questa storia li abbiamo già incontrati altrove, ma tutti nello stesso albo mai. Andiamo con ordine.
Inizio con inseguimento e sparatoria: in genere avviene che, nell'incipit, al centro della scena ci sia la futura preda del Distretto Centrale, il criminale che commette il suo crimine per poi venire braccato. Oppure, come nel recente "Il bosco degli orrori", Nick insegue il bastardo e lo cattura, per poi essere trascinato da questo in una successiva vicenda. Comunque tutto ruota attorno al cattivo, che poi ci "teniamo" per tutto l'albo o giù di lì.
Qui invece Lopez lo spacciatore si becca un piombo nel petto e crepa. Niente di che, se non fosse che anche lui prima di lasciarci gli stracci ricama gravemente la spalla di Nick Raider! Attenzione, partenza ad handicapp per il nostro, che per tutto l'albo non potrà sparare e risulterà convalescente per tutte le 94 tavole.

Il duello!
disegno di Marco Foderà
(c) 2002 SBE
| |
|
Subito due nuovi avversari: poche vignette bastano a Faraci per tratteggiare con efficacia non uno ma due pazzi assassini: Conchita, fresca e indomabile vedova del neomorto Lopez; e Zendell, elettricista completamente esaurito, altrettanto fresco suicidatore della propria moglie e rapitore del proprio figlioletto di cinque anni. Due sagome cui non dare mai le spalle.
Ma il piatto della bilancia pende troppo dalla parte del male, e allora pronte due spalle in più per Nick che ne ha una in meno: il generosissimo dottor Norman, che ha il buon cuore di operare quasi tutti i protagonisti; e lo sbarbato in uniforme Hogart, giovanissimo poliziotto alla prima vera uscita. Nick è in genere un personaggio freddino, Marvin sempre superficiale, ecco allora due "sentimentali", che lascino trapelare emozioni a tutta manetta. Due folli che imbottiscano di pepe e imprevedibilità l'albo, due emotivi per esaltare la potenza degli eventi, e in mezzo Nick, duro e paterno alla bisogna, faro traballante nel caos del pronto soccorso.
"Tutto ci è mostrato, poche o nulle le spiegazioni da sbadiglio... "
|
|
|
Spiegazioni mostrate e non diluite: Faraci compie quasi un miracolo. A pag. 88 tutto quello che dovevamo sapere lo sappiamo. Adesso abbiamo a disposizione ben 10 tavole di puro divertimento e thrilling, dove le cose possono accadere senza verbosi intralci.
Sottintesi: la complicità del lettore. La lettura di quest'albo è gratificante: Faraci è conscio del fatto che il lettore non è proprio uno stupido, e che probabilmente si è già visto qualche episodio della famosissima serie televisiva E.R.. Non servono quindi spiegazioni su come funziona il reparto "medicina d'urgenza", sul fatto che i pazienti possono rimanervi ricoverati per giorni eccetera. I ritrovi nelle varie salette non necessitano di essere introdotti da forzati dialoghi tipo "l'appuntamento è nella sala riunioni per paramedici" o simili. Tanti sono i sottintesi sparsi nell'albo, che, lungi dal rendere la storia meno leggibile, trascinano anzi il lettore nel profondo degli eventi.
"Tanto E.R. e un pizzico di Diabolik... "
|
|
|
Gli omaggi: i rimandi a E.R. sono palesi, ed estremamente riuscita è la resa della concitazione degli eventi. Non c'è un attimo di sosta in tutto l'albo. Le poche pause sono dettate dalla necessità narrativa di dare spessore ai personaggi, e legati soprattutto ai momenti di dolore, del dottor Norman in primo luogo.
A questo proposito non si può non sottolineare la perfetta gestione del caos. Distribuita a dosi calibratissime, la baraonda del pronto soccorso ci viene riportata alla mente con cadenza quasi cronometrica, a volte per esaltare le tragedie che la storia racconta, a volte per sopirle in quel grande centro raccolta dolori che è il reparto medicina d'urgenza.
Impossibile non notare poi la vena diabolika che attraversa l'albo, dall'elevatissima presenza di lame, ora scagliate (Conchita), ora affondate nelle trachee (Zendell), spesso accompagnate dal tipico swiss marchio di fabbrica del re del terrore, al gusto per il dettaglio tecnologico (vedi la piletta da taschino di Zendell).
"Sceneggiatura thriller, rifuggendo la tentazione splatter... "
|
|
|
Ottima la scelta delle inquadrature in tutte le scene di suspence. Faraci non ha timore ad usare la soggettiva, e spessissimo, per non dire sempre, il lettore finisce dalla parte della vittima. Verso chi rivolge la lama Zendell in vignetta 4 di pag. 41? E in vignetta 6 di pag. 51? E chi è sotto il bisturi di Norman a pag. 64? Ancora tanti sono gli esempi da citare, ma la risposta è sempre la stessa: il lettore, cioè noi. Quasi a farci provare sulla nostra pelle di carta tutto l'odio e il dolore dei protagonisti. E nel finale ci capita pure di salutare Nick da dentro una valigia...
  

|
Marco Foderà
| |
|
Esordio per Foderà, prova convincentissima. Di notevole impatto soprattutto l'abile gestione dell'espressività dei personaggi. Se i pazzi sono pazzi, i tristi sono tristi e i seri sono seri, lo si deve alle chine del disegnatore, capace di rendere alla perfezione la recitazione richiesta da una sceneggiatura esigente ma mai pretenziosa. Ottimi non solo i volti, soprattutto frontalmente, ma anche le gestualità. Mani mosse nell'aria ad accompagnare parole, mani giunte in grembo a sottolineare una coltellata, gesti di tenerezza, di apprensione, di odio. Tutti riuscitissimi e soprattutto "centrati", calibrati al culmine del significato del gesto stesso. Fotogrammi scattati nell'attimo migliore, non un momento prima, nè un istante dopo. Proprio lì, al centro dell'evento.

La pazza
disegni di Marco Foderà
(c) 2001 SBE
|
Denota grande classe, inoltre, lo stile delle morti. Se Leone e Woo insegnano, qui c'è qualcuno che impara. I morti che si accasciano, cadono, si chinano e quant'altro sono estremamente efficaci, credibili nel loro divenire burattini senza fili e senza vita.
Più che buona anche la tridimensionalità degli ambienti. Molto spesso le scene di ambiente hanno richiesto al disegnatore uno sforzo di dettaglio, di coerenza prospettica tra ciò che sta davanti e ciò che sta dietro. Tutto risulta comprensibile e bonellianamente efficace.
Molto buona anche la coerenza dei protagonisti della serie: Nick Raider è proprio lui, come anche Marvin, Jimmy e Art, per quel poco che si è visto.

...e il pazzo
disegni di Marco Foderà
(c) 2002 SBE
|
Ma qualche difettuccio qua e là si intravede: i giochi di luci ed ombre, soprattutto, andranno curati al meglio. Foderà già mostra un repertorio di chiaroscuri invidiabile, ma molto "didattico". I suoi scuri sono quasi dovuti, mai pieni, mai profondi e intensi.
Da rivedere anche alcuni volti di trequarti, e la profondità di alcune vignette, che appaiono un po' troppo piatte.
Dettagli, in un esordio riuscitissimo, che aspetta solo di essere seguito da un vigorosa e rapida conferma. La posse di Queirolo cresce di numero e di talento ogni mese!
  

|
|
|
Ad un albo così, con un titolo felicemente pulp, possiamo solo aggiungere tutti i punti necessari al raggiungimento dell'olimpo dei novantapercenti. Pazienza se l'omino col camice verde della copertina poco ha a che fare con lo squadernato Zendell della storia. Nel suo complesso quest'avventura di Nick Raider rappresenta forse un punto di svolta per la serie, forse palesa il desiderio di cambiare rotta e lasciare che il poliziotto preferito di via Buonarroti si mostri in tutto il suo carattere, in tutto il suo protagonismo di difensore della legge e del buonsenso. Nick Raider in quest'albo soffre, gli capitano cose improbabili, ma non impossibili. Svolge la sua mansione di tutore dell'ordine, ma vive, e non solo assiste, anche cose straordinarie, impensabili, come il finire nello stesso ospedale di uno schizofrenico violento e assassino.
Forse è un'alba nuova per la serie, ed è l'ora di intraprendere nuove vie narrative, meno schematiche e più arricchite di quella commistione di generi tanto cara a Faraci stesso. Senza ovviamente abbandonare il rigore realistico che trova in Nick Raider l'apice bonelliano assoluto.
Ce lo auguriamo, perchè le possibilità per continuare a fare così bene le abbiamo viste tutte.
|