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Un mesto arrivederci

L’ultima volta di Nick: un punto di vista personale
articolo di Vincenzo Oliva

Nick Raider non è mai stato il mio fumetto preferito; è sempre stata però, quella dedicatagli, una testata che ho letto con piacere e seguito con grande affetto, anche negli ultimi 3-4 anni, fatti di storie sempre più prive di anima, freddi compitini corretti nella grammatica ma vuoti, salvati per lo più dalle ottime prove dei disegnatori, quasi tutti giovanissimi o addirittura esordienti, capaci di mostrare grande talento.

Chiudeva, si sapeva. Forse era un bene, visto che il curatore sembrava ormai disinteressarsene, e l’editore con ogni evidenza non aveva intenzione di investire sul suo rilancio. Fatti ben sottolineati da come sia stata non preparata questa ultima avventura. Vero che Nick Raider è stata una serie caratterizzata da una continuity molto, molto blanda, quasi inesistente, ma che fino al numero 199 non vi sia stato il benché minimo indizio del suo matrimonio con l’eterna fidanzata Violet McGraw – rimasta sostanzialmente in ombra per diversi anni – è il perfetto, triste paradigma del fatto che realmente a nessuno importava qualcosa del personaggio.

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Guarda il caso nella Grande Metropoli ;-)
disegni di Luigi Siniscalchi (c) SBE


Nei quasi diciassette anni della sua storia editoriale, negli oltre 220 albi (tra serie regolare, speciali e almanacchi) che compongono questa storia, Nick Raider è stata la più “onesta” delle serie ancora oggi edite da Sergio Bonelli Editore: forse non un profluvio di esaltanti picchi qualitativi – e tuttavia nei primi dieci anni di vita della testata vi sono state moltissime storie di fattura davvero eccellente – però anche un’assenza quasi completa, pure in questi ultimi anni, di storie brutte e malfatte. Detto degli apporti quantitativamente di scarso rilevo ma interessanti come quelli di Giancarlo Berardi e Peppe Ferrandino, gli autori che hanno fattivamente contribuito a creare questa tradizione di grande solidità e costanza di rendimento, che spesso è arrivata all’eccellenza, sono stati - rigorosamente in ordine alfabetico - Gino D’Antonio , Gianfranco Manfredi , Michele Medda , Alberto Ongaro (Alfredo Nogara). E ovviamente Claudio Nizzi . L’ideatore del personaggio ne ha scritto molte buonissime storie prima di essere dirottato in pianta stabile su Tex. A molte di quelle sue storie, ad esempio la splendida Jimmy e Juanita disegnata da Ivo Milazzo , sono particolarmente affezionato. O anche Omicidio al Central Park egualmente disegnata da Milazzo; oppure Il Caso Geronimo, che segnò l’esordio bonelliano di Bruno Ramella ai disegni. Ma vorrei citare almeno anche Il mistero della mano tagliata, Caccia all’uomo, La tela del ragno e La maschera dell’assassino con José Eduardo Caramuta e Immagini di morte, di nuovo con Ramella; o ancora Vite vendute sviluppato da un soggetto di Maurizio Colombo per i disegni di Federico Antinori. Si arriva così, infine, alle ultime storie scritte da Nizzi, e in particolare il trittico sul passato familiare di Nick composto dalla storia doppia Il dito nella piaga/Affari sporchi e I misteri di Nothport , la prima per i disegni di Ramella, la seconda di Renato Polese, che sfocerà nel primo numero centenario, ad oggi l’ultimo scritto da Nizzi (ancora con Ramella ai pennelli): Spettri dal passato . Io ho amato questo Nick Raider di Nizzi. Era un bel personaggio, che viveva storie avvincenti, emozionanti.

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Ma chi l'avrebbe mai detto che Sarah... ;-)
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... mentre Brenda...
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... è sempre nei suoi pensieri ;-)
disegni di Luigi Siniscalchi (c) SBE


Cento. Duecento. Un raffronto purtroppo imbarazzante.Progetto Dakota mi appare la peggior storia del personaggio in tanti anni di pubblicazioni. E in modo troppo netto per non rappresentare un dolore (fumettisticamente parlando, è chiaro ;-)). Il paragone immediato che suggerisce è con l’altrettanto imbarazzante cinquecentesimo albo di Tex , del quale ricalca lo schema di costruzione per successive forzature illogiche del soggetto: fin dall’inizio. Gianluigi Bonelli mostrò molti anni fa come si potesse scrivere un buon albo celebrativo che fosse anche una parata dei personaggi di contorno più amati: Supertex , il primo albo centenario del suo ranger, non è un capolavoro, ma è una storia fondata su un gran ritmo, quasi ossessivo a volte, e che nasce da un motivo abbastanza plausibile per riunire i vari personaggi. In Tex 500 come in “Progetto Dakota” si parte da premesse campate in aria: non c’è alcun motivo – il minimo motivo – perché don Vito Saracyno coinvolga Nick Raider nella trama del più bislacco piano terroristico mai immaginato da un autore di fumetti, cinema o altro. Nessun motivo se non lo scientemente darsi la zappa sui piedi: già in passato Nick aveva ripetutamente battuto il vecchio boss e costui se lo tira a bella posta dentro il complotto quando non si scorge, ripetiamo, la minima motivazione plausibile per questo? Speculare al comportamento, in Tex 500, dei banditi intenzionati a rubare l’oro dei Navajos, i quali dopo aver trovato un sistema per farlo all’insaputa di Tex, si premurano tuttavia di fargli espressamente sapere di averlo rubato, per soprammercato profanando la tomba della moglie Lilith e provocandone in tal modo l’ira.

Il resto della storia, dopo una tale incongruenza fondante, sarebbe già in sé privo di senso; tuttavia vi si ripropongono situazioni, soluzioni, stilemi visti nelle ultime annate del declino di Tex: dialoghi che finiscono per apparire farseschi ( Sarah Himmelmann che ripete in continuazione di non essere interessata a sposare Nick è figura grottesca, un pallido ricordo del personaggio creato da Gino D’Antonio); più in generale i dialoghi sono stenti o prolissi, perfino pierineschi, con Brenda Stacy che quasi si mette a descrivere il condimento a luci rosse della missione che compì in Italia con Nick); spiegazioni forzose (il balloon a pag.24 con cui Nick pensando “spiega” ai lettori chi sia Brenda è mortificante); la fiera della coincidenza fortuita (siamo a New York, non in un paesino di duecento anime, però frotte di conoscenti di Nick in qualche modo entrano casualmente in relazione con il rapimento di Violet); l’allungamento sistematico del brodo (memorabile la ”sequenza del furgoncino”, pagg. 57-59).

Un’arida, ulteriore disamina delle debolezze della storia in questa sede non avrebbe senso, per cui rimando alla recensione ed alla scheda dell’albo. Mi resta da ringraziare Claudio Nizzi per aver creato tanti anni fa Nick Raider ed averne scritto tante belle avventure, augurandogli ed augurandoci che non scriva mai più nulla come Progetto Dakota.  

Per ulteriori approfondimenti vedere anche la recensione e la scheda della storia.
 

 


 
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