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Per i dati di carattere cronologico e documentale sulla serie, si vedano il Tutto di carta, la cronologia e le schede dei nn. 1, 2, 3, 4, 5.
Gli ingredienti.
Perché è di questo e non di altro che parla la lunga epopea western di D'Antonio narrata attraverso le avventure, gli amori, le speranze, le vittorie e le sconfitte della famiglia MacDonald/Adams e del gruppo dei loro amici. Attraverso le vicende domestiche di questo straordinario gruppo familiare, l'autore ci conduce alla scoperta di quegli anni durante i quali furono poste le basi ed avvenne la gestazione di quella che è stata la nazione simbolo di questo secolo che va finendo. Lo fa narrando gli eventi della troppo spesso brutale, sanguinosa, crudele conquista delle terre strappate con la violenza alle nazioni che vi vivevano da secoli; lo fa senza dimenticare questo aspetto dell'ovest americano, ma lo fa anche ricordando che la narrativa non è e non può essere solo fredda e fedele riproduzione della storia, che parte fondamentale di un'opera letteraria è la creazione autonoma dell'autore a partire dai dati della realtà; lo fa, cosciente di quale fonte primaria di miti abbia rappresentato il west per l'immaginario del nostro secolo, in primo luogo attraverso il cinema, che al momento della nascita di "Storia del West" stava iniziando a fare i conti con la visione agiografica ed edulcorata della storia dell'ovest americano. Lo fa, infine, unendo al romanticismo della storia degli uomini, l'epicità della Storia dell'Uomo. La poesia. E' poetico, il linguaggio di Gino D'Antonio nel corso di quasi tutta la saga. Dai primi episodi, dov'è il respiro epico a prevalere, sino agli ultimi, quando più forti si fanno i toni del rimpianto e della nostalgia per un'era - di dolori, sì, ma anche di libertà - che va chiudendosi. Ma poetici sono i toni che l'autore utilizza nel corso dell'intera opera. E l'epica, come si diceva, la fa da padrone nella prima parte della "Storia del West", dove primeggia il tema della "conquista" delle terre ancora "selvagge" dell'ovest.
Questo racconto di eroi, tuttavia, prosegue almeno per tutta la narrazione dell'incipiente maturità di Pat Mac Donald e della prima maturità di Bill Adams ; fino dentro quella guerra civile dove la nazione, e con essa i personaggi della "Storia del West" perdono la propria "purezza" e le crudeltà perdono quella patina di grandezza dalla quale erano state circonfuse in precedenza e si riducono alla loro più nuda realtà di bassa macelleria, valga d'esempio il n.22, "Fiamme di guerra" (dove tra l'altro Pat sarà costretto a riprendere in mano quella pistola che aveva giurato di non impugnare mai più nel n.15 "L'ultimo duello", in una dimostrazione che le scelte idealistiche non possono appartenere alla realtà della Frontiera) che vede la fine del capitano Alan Hall e della sua carriera di soldato senza onore, al termine di una storia di violenze e sopraffazioni, specchio della guerra senza quartiere del Nord contro il Sud, ma anche dell'Uomo Bianco contro l'Uomo Rosso.
L'autore ci regala ora le sue storie più intense, più ricche di lirismo drammatico, specialmente negli episodi nei quali si racconta della tragedia delle popolazioni indigene e della lotta senza quartiere contro di loro. Qui D'Antonio dà il meglio di sé: il n.30 "Sand Creek", n.40 "Dog Soldiers", n.42 "Le Montagne Splendenti", n.54 "Sangue di guerriero", n.63 "La lunga marcia" sono i titoli principali di questo racconto; dai massacri del Sand Creek e del Washita, alla resistenza spesso eroica, sempre impari e disperata, dei vari Naso Romano, Capitan Jack e Capo Giuseppe, cui D'Antonio ha saputo dare grande dignità, umana e ancor più letteraria, facendone delle persone autentiche molto più che non dei semplici simboli del loro popolo e della resistenza indiana.
Immediatamente dopo, nel n.61 "Vento d'autunno", morirà anche Wild Bill Hickock , la cui vicenda umana, prima ancora che storica, accompagna una gran parte della "Storia del West". Il giovane sicuro di sé, pieno di vita e spavaldo delle prime apparizioni (la prima nel n.13 "Kansas"), appena sfiorato dal rimpianto dell'impossibilità di avere una vita normale, ha ceduto progressivamente il passo all'uomo maturo, sempre più amareggiato e consapevole dell'inutilità di una vita passata al servizio di una gloria il cui prezzo è stato proprio quella vita normale divenuta definitivamente impossibile e sempre più immalinconito dal tramonto del mondo che ha conosciuto. A lui, parlando con l'amico Bill Adams, spetta di pronunciare - con quello di Custer - l'epitaffio proprio e di tutta la frontiera: "C'è qualcos'altro che mi colpisce nella fine di Custer... La sensazione che il nostro mondo sia al tramonto. Nel futuro non ci sarà spazio per personaggi del suo tipo, o del mio...".
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