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Per i dati di carattere cronologico e documentale sulla serie, si vedano il Tutto di carta, la cronologia e le schede dei nn. 1, 2, 3, 4, 5.
L'amore. E con l'amore le donne. Prima e più di Giancarlo Berardi in Ken Parker , è Gino D'Antonio a dare all'elemento femminile il corretto spazio che questo occupò nella colonizzazione dell'ovest americano. In precedenza, sulle pagine di Tex, G.L. Bonelli si era limitato, nella rappresentazione dell'universo femminile in salsa western, alla classica duplice raffigurazione della donna: santa o peccatrice. Non si usciva dagli estremi della madre e sposa perfetta (Lilith) e della lady più o meno dark (per tutte: doña Manuela ). D'Antonio presenta invece una galleria di ritratti di donne a tutto tondo (anche se poi la verosimiglianza storica di queste sue donne resta a volte dubbia); sia le figure di primo piano, che le protagoniste di uno o un paio di episodi. Sicaweja, Brenda , Belinda Hall e Lily hanno nella narrazione un'importanza equivalente ai protagonisti maschili, benché non una presenza quantitativamente pari. E queste quattro figure ben rappresentano le molte sfaccettature dell'amore, come anche il west non poté non vedere. Sicaweja e Brenda, più rassicuranti, più "coniugali", specie Brenda, la maestrina che fa mettere giudizio al mezzo selvaggio Pat MacDonald, mentre Sicaweja non dimentica il suo sangue indiano. Belinda e Lily sono le rappresentanti di una femminiltà infinitamente più conturbante, di amori avventurosi e pericolosi.
Ma non sono queste le sole donne che l'autore faccia scendere in campo. Costanti, a volte più discrete altre volte più sulla scena, le presenze femminili si ritrovano per tutta l'epopea di "Storia del West". Da Tess, la prostituta madre di Lily, alla Millie de "I conquistatori" (n.51), ritratto credibile se non proprio verosimile di una donna della frontiera, fino ad Ursula, la ragazza che fa mettere la testa a posto a Ben MacDonald , lo scapestrato di famiglia, ma che arriva troppo tardi sulle pagine della saga per affiancare i personaggi femminili più importanti, è una galleria ricca di umanità quella che sfila sotto gli occhi del lettore. La realtà storica. La tematica della verità storica nell'ambito della "Storia del West" è profondamente intrecciata con quella che segue.
Ridotta alle sue caratteristiche essenziali, la famiglia MacDonald è un'invenzione credibilissima, un gruppo come ve ne furono, o comunque avrebbero potuto esservene, tanti all'epoca. Il capostipite è un immigrato europeo che, sbarcato sul suolo del nuovo mondo, selvaggio ma ricco di prospettive, vivrà varie vicissitudini, sposerà un'indigena - formando una delle tante coppie miste che vi furono all'epoca - e morirà in uno dei tanti eventi violenti di un'età di violenze (che questo accada proprio ad Alamo è un elemento che aggiunge pathos alla storia, ma non certo inverosimile). Il figlio è uno dei tanti, tantissimi uomini di quell'epoca: passerà attraverso le vicende più varie, svolgendo i lavori più disparati, conoscendo le persone più diverse, finché sposerà una delle tante vedove che dovettero esservi all'ovest (e che vedove non restavano a lungo!), con figlio a carico. L'avventuriero si trasforma così in un ranchero, mette al mondo dei figli e si prepara una vecchiaia serena, in un mondo che andava progressivamente perdendo i suoi caratteri più rudi. La generazione successiva vivrà divisa l'esperienza della guerra civile (Bill agente segreto per il nord, Ben giovanissimo soldato del sud), come accadde ad innumerevoli vere famiglie. Al termine della guerra affronteranno l'epoca più classica della frontiera scorrazzando in lungo e in largo, a volte anche trovandosi dal lato sbagliato della legge - e come avrebbe potuto essere diversamente, in un mondo così caotico, anche se per esigenze narrative D'Antonio fa sì che si tratti del classico errore giudiziario - frequentando buone e cattive compagnie. Fino a quando l'età della frontiera si chiude, tra nuovi e vecchi errori, tra nuove e vecchie speranze.
La finzione narrativa. In stretta correlazione, come dicevo, con il rispetto della realtà storica della frontiera, è quel quid che nasce dalla fantasia e dal desiderio di sognare dell'uomo D'Antonio, e che trasforma in creazione letteraria ciò che altrimenti sarebbe pura cronaca. E' da questa esigenza di trasporre la storia in narrazione documentata ma non documentale, in fiction (in invenzione narrativa, dunque), che nascono le figure storiche in "Storia del West". Oltre che dalla visione epica della storia. Tutti i personaggi storicamente reali che popolano le pagine della "Storia del West" sono - come esseri umani - profondamente autentici e verosimili nel loro agire, nelle loro motivazioni, e profondamente umani, per primo quel Wild Bill Hickock che è uno dei principali attori della serie (si veda la scheda); ma sono anche generalmente lontani da quello che dovette essere la loro natura storicamente vera. Uomini (e donne) veri, dunque, ma non necessariamente personaggi storici veri. Il significato simbolico dell'epoca storica è, per l'autore, molto più importante dei protagonisti che la vissero, e che nella sua opera sono al servizio di quella, per rafforzarne il valore simbolico.
Ecco perché Sacagawea, si trasforma in Sicaweja, e da moglie-bambina del trapper Toussaint Charbonneau (e non Touissant), diventa la moglie di Brett MacDonald. Anche Sicaweja, come la storica Sacagawea, partecipa alla spedizione di Lewis e Clark, è una principessa shoshone, ha un figlio dal suo uomo nello stesso lasso di tempo (1805/06). Alla necessità di avere un personaggio comunque "centrale" nella saga, un personaggio di raccordo, è invece da ascrivere, con molta probabilità, la questione dell'età "ritardata" di Pat MacDonald. Sin da subito D'Antonio si trova nella necessità di mostrare Pat molto più giovane di quanto non dovesse essere: già nel n.4 "Gli invasori" il Pat preadolescente che viene mostrato dovrebbe avere circa 20 anni; nel n.5 "Alamo" Pat dovrebbe aver superato la trentina, ma quello che vediamo è un giovane poco fuori dall'adolescenza. Questo "peccato originale" proseguirà poi nel tempo, Pat continuerà ad essere chiamato "giovane" da D'Antonio anche quando dovrebbe aver passato la quarantina, fino a giungere all'ultimo episodio della serie, "La fine della pista" dove l'ultraottuagenario Pat deve ancora essere mostrato abbastanza in forze da andarsene in giro per la prateria e da fare a pugni con dei ragazzotti che potrebbero essere suoi pronipoti. Dettagli, comunque, a fronte della costruzione di quest'epica moderna che è la "Storia del West". La magia. Quella di un fumetto che non può non restare nei ricordi e nella fantasia di chi l'ha letto. Ovvero la magia di 75 irripetibili storie che insieme formano uno dei punti più alti raggiunti dal fumetto - e non solo da quello italiano; che formano un vero e proprio monumento a quell'epoca di gioie e dolori, di odii ed amori, di grandezze e meschinità, dipanatasi nei pochi decenni della grande epopea dell'ovest americano e divenuta la più feconda fabbrica di miti e di sogni della civiltà occidentale contemporanea. Che la realtà di questi miti e sogni non fosse quella luccicante che narra la leggenda è poco importante; molto più importante è che essa sia la fonte di tante opere che hanno fatto la storia del nostro immaginario collettivo: come è per la "Storia del West".
Tanti anni insieme provocano un senso di complicità.
grazie Gino per avercela fatta leggere.
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