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Bambini, frati, suore, peones, giornalisti e minatori: sono loro i veri protagonisti di questa storia, ambientata nelle polverose lande della Sonora messicana, mentre Tex e Carson, sempre più stanchi e arrugginiti, riescono a portare a termine la missione grazie ad un’esagerata serie di circostanze fortuite...
Gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi
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Chi erano gli "ultimi" nelle storie di Tex? Erano i personaggi di contorno, i comprimari, quelli bisognosi d’aiuto, quelli che Tex proteggeva e ai quali mai chiedeva di combattere o di rischiare la vita al posto suo. Erano uomini e donne in cerca di giustizia, ai quali Tex portava sempre giustizia, incaricandosi di mediare, col suo modo schietto ed efficace, tra la giustizia divina e le imperfette leggi umane, tra il Bene e il Male. Gli innocenti venivano salvati, i torti raddrizzati, i malvagi puniti. E tutto ciò grazie a Tex e ai suoi pards, gli unici "primi" delle avventure bonelliane, i veri motori "mobili" delle indagini, degli interrogatori, della faticosa ricerca di tracce, dello studio dei piani d’azione, del contrattacco alle perfide azioni del malvagio, dei pestaggi e delle risse, delle sparatorie e dei duelli, dei rapimenti e delle fughe, degli assedi e delle eroiche resistenze, della vittoria e della punizione del cattivo. Oramai, i ruoli si sono invertiti.
Ma veniamo alla storia Il soggetto è l’unica nota positiva di tutto l’impianto: la ricerca della leggendaria miniera da parte dei frati consente a Nizzi di sfruttare temi e ambienti sempre carichi di fascino, vale a dire la "caccia al tesoro" e la Missione; l’impiego disumano dei prigionieri della miniera dà modo di introdurre il tema dei "mercanti di schiavi", complessivamente poco sfruttato nella lunga saga "texiana"; la rivolta dei minatori, col suo promettente carico di vendetta e di riscatto, costituisce indubbiamente il perno sul quale si regge la storia quantomeno nella seconda parte, e l’occasione per vedere Tex e Carson alla guida dell’epica ribellione (o almeno così speravamo).
Storia discreta o sufficiente, allora? No, nient’affatto. Intendiamoci, qua e là ci sono anche degli spunti interessanti. Ci riferiamo in particolare alla varietà delle locations, e alla presenza di un maggior numero di scene d’azione (quantomeno rispetto a gran parte delle storie nizziane degli ultimi anni), alcune delle quali strutturate con un minimo di suspance (pag.76 e 105). Ma ciò che dovrebbe essere la regola, nelle storie di Nizzi è ormai diventato l’eccezione: gli elementi citati vengono soffocati dai suoi soliti difetti, ripetutamente elencati in molte delle nostre precedenti recensioni (si veda, ad esempio, la recensione di Loi a "Il mercante francese" n.508/510. Quanto al resto, ci permettiamo di focalizzare brevemente l’attenzione sugli elementi che, a nostro giudizio, rendono gravemente insufficiente la storia, vale a dire i dialoghi, lo schema ricorrente che vede l’intervento dell’aiuto dall’esterno e, non ultimo, lo stravolgimento operato su Tex.
In conclusione: se l’iniziativa è tutta degli ‘ultimi’, è chiaro che Tex non può far altro che rimanere in un angolo a domandarsi quando tornerà ad essere ‘primo’.
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Discreta la prova del disegnatore iberico Manfred Sommer, in particolare nella seconda parte della storia, dove il tratto si sporca maggiormente e l’autore dimostra di aver ripreso confidenza con la tecnica di un medium abbandonato per più di 12 anni. A fare le spese dei tanti anni dedicati alla pittura sono soprattutto le scene d’azione, che ritraggono figure sproporzionate in pose statiche e innaturali, a volte addirittura comiche (come nella sparatoria di cui alle pagg.122-128). Ci pare che l’autore dia il suo meglio nell’illustrazione degli scenari, naturali e non (la missione di San Juan, i paesaggi della Sonora, il villaggio di Santa Clara, l’intera zona della Barranca) e nella caratterizzazione dei personaggi di contorno (da Padre Mateo agli sgherri di Obregon, da Padre Eliseo al giornalista Moncado, dalla gente di Santa Clara ai soldati e ai minatori della Barranca).
La nota maggiormente dolente riguarda proprio Tex, a tratti irriconoscibile, nella fisionomia come in certe sue espressioni (una per tutte, quella alle pagg.58/9), e a tratti (non molti, a dire il vero) sufficientemente determinato. C’è però da dire che Sommer, che ha dichiarato di non aver mai letto Tex prima di disegnare questa storia, si è trovato per le mani una sceneggiatura certo poco adatta a ridestare pienamente la sua antica passione per il fumetto e per il genere western. Gli facciamo comunque i nostri migliori auguri per la storia che sta attualmente disegnando, sceneggiata da Mauro Boselli, e che comparirà nella serie regolare. Un discorso a sé meriterebbe la copertina che, a parte la stonatura della gamba destra del messicano, presenta un bell’effetto d’insieme. I colori caldi e la dinamicità dell’azione (ripresa dalla scena di pag.106) ci restituiscono un Tex irruento e deciso, che purtroppo ha poco a che fare con quello che ritroviamo all’interno dell’albo. ![]() ![]() ![]()
Considerato il livello dei Texoni degli ultimi anni, non ci sentiamo di affermare che questo sia il peggiore. Certo è che, al di là delle considerazioni complessive sulla storia, ciò che pesa in maniera incisiva sul giudizio finale è l’evidente, progressiva erosione del mito di Tex.
Ciò che rimane, di questo albo "speciale", è la fastidiosa sensazione di aver letto una storia che avrebbe potuto non essere così insufficiente. Se e solo se non fosse stata una storia di (e con) Tex.
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