Stavolta Segura non riesce ad entusiasmare. Eppure gli elementi per una storia interessante ci sono. La vendetta. La follia. La necessità di sopravvivere. Quello che non funziona però è la stesura della sceneggiatura. Che da una firma di Repetto, e da altri elementi, appare vecchia e rimaneggiata. Anzi, la sensazione che da la lettura della storia, è proprio di un western cupo stile anni'70 in cui non possono esserci vincitori.
Qualche appunto:
Al ranger non vengono negate problemi e complicazioni. Emblematica la fossa di serpenti a sonagli, prova di destrezza sul percorso di Tex. Infatti, per nulla contento, il buon Segura fa addirittura credere a Aquila della Notte, di aver ritrovato la sua Lilith. La scenetta è volutamente simpatica, e mi pare non sposarsi bene con il passato del personaggio.
Troppo forzati e manichei i personaggi. Laddove in passato avevamo personaggi monodimensionali, ma comunque convincenti per le loro azioni e parole, qui al contrario si rischia (o si cerca) la macchietta.
A rinforzare questa impressione, il ruolo svolto dal forte Tomasito, fedele nel suo tormentone che ricorda ai companeros di uccidere Tex. Per tacere della follia di Don Luis, che semplifica il finale, invece di approfondire i tormenti del fratellicida.
Stupisce (pag.31) la rassegnazione di Tex sui rifornimenti dovuti ai suoi Navajos. Ma eccolo poco dopo partire verso il forte dove, per amor di verità, non pesta neanche più di tanto il viscido capitano.
Di nuovo apprezzabile il contributo di Repetto alla serie. Il suo tipico stile è qui più sporco e cupo del solito, a sposare la vicenda imbastita da Segura. Volendo essere sinceri, ci sarebbe da dire anche in negativo. Ma questa sembra essere la prima storia realizzata da Repetto per la serie (appare una firma del 1995), e quindi merita un poco di indulgenza.
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