Una festa dell'assurdità più sfrenata: l'autore si mantiene fedele al suo stile di disegno, che nel corso degli anni si è fatto sempre più denso. Come ci si aspettava, le vignette sono infarcite di (in ordine alfabetico) api, cactus, calzini, dadi, lische, lombrichi, lumache, maiali, matite, ossa, pere, pesci, pettini, piedi, ragni, salami, tazze, uccelli... e di sicuro ho dimenticato qualcosa. Ogni pagina andrebbe studiata con attenzione, per individuare tutte le bislacche trovate che Jac distribuisce a piene mani, ma una seconda lettura fa scoprire sempre nuovi particolari a cui non si aveva fatto caso. Una piccola nota di demerito va alle chine, non sufficientemente chiare e nette.
Giudizio in contumace per il soggetto, praticamente inesistente. La storia è una collezione di episodi estemporanei senza nessun aggancio, e il titolo dell'albo la dice lunga: Cocco Bill è sballottato diquaedilà per il Minnesòreta, e con lui i lettori, purtroppo. Anche un fumetto demenziale merita una trama che abbia un minimo di senso, un filo conduttore che possa essere seguito durante la lettura, altrimenti si rischia la noia.
E' l'impostazione dell'albo da criticare: anche se divertenti (più o meno), 94 pagine di jacovittate a ruota libera sono troppe: troppe per l'autore, che sembra non sapere come riempirle, troppe per il lettore che rischia un' overdose di paradossale. Un albo più snello sarebbe stato senz'altro preferibile. Per chiudere, vogliamo dare un voto? 4/7.
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