I lettori più attenti avranno intuito che questo primo volume di Rave non mi ha lasciato una buonissima impressione.
Nel caso sussistesse ancora qualche dubbio, ebbene: "questo primo volume di Rave, non mi ha lasciato una buonissima impressione", anzi, lo trovate incasellato alla voce: "soldi buttati" del mio catalogo.
La Star Comics aveva messo in cantiere questa serie dapprima concependola come "riempitivo" per colmare i vuoti di programmazione lasciati dall'allineamento di "One Piece" con la produzione giapponese, che obbligherà ad una cadenza approssimativamente valutabile in due numeri alternati a due mesi di sospensione.
Nel frattempo, però, "Rave" ha raggiunto una quota di materiale pubblicato sufficiente a convincere la Star Comics a dedicargli una collana separata, utilizzando altre opere (prima "Toto" e poi "Goku") per soddisfare i lettori in astinenza da "One Piece".
La scelta, a mio parere, è stata azzeccata. Se non altro per evitare imbarazzanti confronti.
"Rave" esordisce presentandoci un campo di battaglia apocalittico spazzato da una immane esplosione. Dopo di che, con il più classico "altrove e in un altro tempo", eccoci presentato il protagonista, il giovane Haru.
Ragazzo vivace, al limite del manesco, allevato dalla sorella maggiore Cattleya dopo la morte della madre e la misteriosa scomparsa del padre Gale, Haru vive su di una piccola isola sperduta chiamata Garage Island, benvoluto dai concittadini e, soprattutto, dal gestore del bar locale: Gemma, coetaneo del padre scomparso.
Proprio quando inizia la nostra storia, Haru pesca uno strano essere: un quadrupede con il volto identico a quello di un pupazzo di neve. Poco dopo giunge sull'isola un vecchio di nome Shiba che riconosce lo strano essere come Plue. Il vecchio è a sua volta inseguito da un tipaccio poco raccomandabile.
Per farla breve, Shiba viene atterrato dal tipaccio, Haru affronta il tipaccio in due riprese e lo massacra di legnate grazie al potere di una reliquia, chiamata Rave, che il vecchio aveva con sè. Dopo di che, in rapida sequenza, la sorella Cattleya teme che Haru abbandoni lei e l'isola per combattere la malvagia organizzazione che spedisce tipacci rissosi in tutto il mondo, Haru la rassicura che non farà niente del genere, ma giunge un altro tipaccio di nome Shuda che distrugge mezza isola. Haru messo di fronte alla verità: suo padre lasciò l'isola per impedire ai malvagi di portare il male nel mondo, affronta Shuda e decide di non sfuggire al suo destino, altrimenti l'isola non avrà mai pace, fine primo volume.

Un altro bravo orfanello
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Se sentite aroma di stracotto, non vi ingannate: per come appare nel primo volume, "Rave" è una continua "fiera del deja-vu". Il soggetto è una collezione di stereotipi del manga d'azione e non solo, l'unica cosa che devia leggermente dai binari del consueto è che, finora, nessuna comparsa è morta tragicamente per mano dei cattivi, infiammando il protagonista di ardente sete di giustizia. Solo un paio di feriti gravi e qualche abitazione distrutta.
Come molti appassionati sanno, spesso un soggetto di rara banalità può essere vivificato da una vigorosa sceneggiatura che con situazioni, personaggi, dialoghi, letteralmente "esploda" l'angusto spazio ritagliato dai presupposti.
Non è questo il caso.
I personaggi sono, attualmente, mal definiti, le loro azioni non hanno un chiaro retroterra e si muovono e dialogano proprio come se "leggessero" un copione. Le situazioni comiche sono prevedibilmente comiche e quelle drammatiche, banalmente drammatiche. Le scene di combattimento, infine, che sono il "piatto forte" di un manga di questo tipo, mancano di spettacolarità e non lasciano al lettore quel senso di appagamento quasi "corporale" che dà una sequenza mozzafiato o uno scontro realmente "fisico". Non c'è, per chiarire, quel senso di travolgente e materiale potenza che trasmetteva l'impatto di un pugno di Ken il Guerriero o, su di un altro versante, di Monkey D. Rufy.

E l'erede è quiiiiiiii!!!
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Per completare il quadro, niente, nella grafica di questo primo volume, ispira forti emozioni.
Il tratto, ancora grezzo, si colloca nella "scuola pulita" di cui è massimo esponente Toriyama Akira con DragonBall. Così abbiamo personaggi delineati con parsimonia di tratti, grandi occhi, anatomie semplificate e dinamiche. Gli ambienti sono scarni e molto spesso totalmente annullati dagli "sfondi cinetici". La costruzione di tavola è impostata a favore della massima linearità e chiarezza.
Purtroppo, la "pulizia" è quasi eccessiva e sembra prova di un disegnatore ancora incerto dei suoi mezzi, si sente la mancanza di un Fujita Kazuhiro ("Ushio e Tora", "Karakuri Circus") con il suo tratto grezzo, anatomicamente carente e graficamente incostante, eppure con quella capacità unica di regalare al lettore tavole di indimenticabile impatto emotivo.
Insomma, "Rave" entra in Italia senza produrre il minimo clamore e, in una scena ai limiti del sovraffollamento, questo è un errore imperdonabile. Tutto quello che mi sento di consigliare ai lettori è di applicare la "regola del terzo", ovvero attendere l'uscita del terzo volume in edicola, sfogliarlo senza indispettire il rivenditore, e sperare che "qualcosa" dia lo stimolo per passare alla cassa. La fedele osservanza di questa regola mi ha permesso, nel tempo, di superare gli impatti assolutamente negativi dati da scadenti primi volumi (mi viene in mente il sottovalutato "Ozn", entrato nella top-ten dei miei "manga adrenalinici") e di accantonare, senza rimpianti, altrettante opere poco meritevoli.
  
Rave di Mashima Hiro
(Collana Zero/Star Comics), 190pp ca. b/n, Euro 2,60, albo brossurato, mensile, senso di lettura giapponese
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