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TORINO COMICS

La conferenza su
Jonathan Steele


J.Steele "manga"
Tavola corretta


Torino Comics 1999

uBC intervista
Angelo Stano

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uBC@Torino Gli autori di Jonathan Steele a Torino Comics
Report di Daniele Alfonso.

Subito dopo l'inaugurazione ufficiale di Torino Comics 1999, alla presenza dell'Assessore alla Cultura della Regione Piemonte Giampiero Leo, la sala conferenze è occupata dagli autori di Jonathan Steele: Federico Memola, Teresa Marzia e Sergio Giardo. Memola prende la parola, spiegando le motivazioni che lo hanno portato a creare l'ultimo personaggio della Sergio Bonelli Editore...

Memola: Negli ultimi anni, la situazione nel mondo dei fumetti è molto cambiata. Una volta esistevano fumetti un po' per tutte le età, oggi invece ci sono due grandi categorie: i fumetti per i bambini, e quelli per gli adulti. Personaggi come Tex e Zagor sono cresciuti insieme ai loro lettori, col risultato che oggi l'età media dei lettori Bonelli è di oltre 18 anni. Nessuno fa più fumetti per adolescenti, che preferiscono divertirsi con i videogiochi, i quali offrono cose che, almeno apparentemente, il fumetto non può dare, come maggiori emozioni e più coinvolgimento. Purtroppo, è chiaro che se i ragazzi di oggi non leggono i fumetti, non lo faranno nemmeno gli adulti di domani, anche perché di solito, arrivati a una certa età, si smette di leggere fumetti, e se non c'è un ricambio generazionale, il fumetto rischia di morire. Jonathan Steele nasce proprio con lo scopo di riconquistare questo pubblico di tredicenni: è nato per i ragazzi, anche se lo possono leggere anche gli adulti.

(24k)
Un Jonathan Steele in versione "manga" sulla copertina
dell'ultimo Dime Press. Disegno di Teresa Marzia.

(c) 1999 Glamour-SBE
   
Domanda: Se Jonathan Steele si rivolge a un pubblico nuovo, perché lo pubblicate con lo stesso formato di Tex?
Memola: E' vero, così facendo c'è il rischio di mancare il nostro target, ma è anche vero che la veste editoriale della Bonelli è una garanzia di qualità, e comunque la casa editrice lavora in un certo modo, ormai collaudato. Anche se io mi rivolgo ad un pubblico diverso, si tratta pur sempre di un albo Bonelli.

L'assessore Leo, che è rimasto tra il pubblico, si rivela un amante dei fumetti, ponendo la seguente domanda:

Domanda: L'universo in cui vive Jonathan Steele è lo stesso degli altri personaggi Bonelli? Oppure anche alla Bonelli, come alla Marvel, esiste il "multiverso"? Ed è possibile che i diversi universi possano comunicare?
Memola: Si tratta di un universo che non è compatibile con quello di altri personaggi come Tex o Nathan Never. In pratica, Jonathan Steele vive in un universo parallelo, come quello di Zagor o di Brendon. E' possibile che questi universi possano comunicare, perché nei fumetti tutto è possibile... ma al momento non abbiamo nessun progetto in proposito.

Nel sentire queste parole, gli inviati di uBC arricciano un po' il naso. Anche se Zagor ha vissuto varie avventure in universi paralleli, il suo west è comunque quello storico, nonostante tutti gli anacronismi e le licenze poetiche usate dagli autori.

Domanda: Visto che è un giovanotto, Jonathan dovrebbe usare un linguaggio giovanile. Ma quale potrebbe essere il linguaggio dei giovani del futuro?
Memola: E' impossibile prevedere le evoluzioni dello slang. Preferiamo far sì che i nostri personaggi parlino in un italiano corretto.

Domanda: Le miniserie di Zona X avranno un qualche futuro?
Memola: No, sono morte insieme alla testata che le ospitava. Forse i personaggi di Magic Patrol saranno ripresi in Martin Mystère, ma non è una cosa che dipende da me.

Approfittando di un attimo di silenzio, Memola inizia a parlare della struttura della sua nuova serie.

Memola: In Jonathan Steele, faccio volutamente uso di una narrazione semplificata, senza tener conto di ogni minimo problema. Ad esempio, se Jonathan deve andare in un altro paese, lui prende l'aereo e ci va, senza dover fare il passaporto o vaccinarsi. Una precisazione: non stiamo facendo una specie di Topolino, che nel corso degli anni è cambiato molto: una volta lo leggevano tutti, oggi lo leggono solo i bambini. Noi facciamo un fumetto per ragazzi, ma questo non vuol dire che sia infantile. Si tratta di una serie molto innovativa, sia nella struttura che nel taglio, anche se forse queste innovazioni non sono immediatamente visibili a tutti i lettori.

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Tavola corretta. Disegno di Vercelli dal N.1.
(c) 1999 SBE

   
Domanda: Hai incontrato resistenza nel fare accettare queste innovazioni alla casa editrice?
Memola: Talvolta sì, e posso fare un paio di esempi. Io volevo che Jonathan non avesse un lavoro fisso, ma che fosse semplicemente un avventuriero. Qualcuno mi ha chiesto "ma avventuriero che vuol dire, che è un cacciatore di dote?", e allora ho dovuto trovargli un impiego. Un personaggio del genere può essere solo giornalista o investigatore privato, e ho scelto la seconda possibilità. Un altro esempio è questo: nel primo numero, c'è una vignetta in cui Jonathan fa un testa-coda con la sua macchina. In origine, l'auto "sbordava" al di fuori della vignetta, ma ci è stato imposto di farla "rientrare"... Insomma, alcune idee mi sono state "tagliate", ma tante altre sono state accettate. La Sergio Bonelli Editore non è così rigida come si potrebbe pensare.

Domanda: Oggi, chi vuole diventare un disegnatore di fumetti, che cosa deve fare?
Memola: Se Antonio Serra fosse qui ti direbbe di lasciar perdere e di trovarti un impiego in banca! E non avrebbe torto! A parte la Bonelli e la Disney, oggi in Italia c'è ben poco. Le autoproduzioni non offono un grande rientro economico, e le vendite in libreria sono scarse, perché la gente è abituata ad andare in edicola. Insomma, è dura...
Giardo: Be', non togliamo tutte le speranze! L'importante è coltivare la propria passione e non mollare mai. Può sempre capitare un colpo di fortuna. Io, ad esempio, sono stato fortunato ad entrare alla SBE, che è un caso anomalo in tutta Europa, sia per il successo di vendite, sia perchè tutti sono molto attenti, scrupolosi e anche premurosi con i nuovi arrivati. Mi hanno preso per mano e mi hanno fatto crescere come autore, e io devo moltissimo a Sergio Bonelli, che è forse il più grande appassionato di fumetti in Italia.
Memola: Probabilmente la cosa migliore è iniziare come grafico pubblicitario...

Domanda: Che importanza hanno i testi e i disegni in un fumetto? Sono più importanti i primi o i secondi?
Memola: Per quanto mi riguarda, hanno la stessa importanza. Sembra una banalità, ma io la penso così. Alla Bonelli, tuttavia, si dà più importanza alla sceneggiatura, perché i lettori di una serie si affezionano ai personaggi e alle storie, più che ai disegni. Ma per me il fumetto è "parola+immagine"; quando scrivo una sceneggiatura penso a come verranno disegnate le vignette, e di solito ne azzecco 3 o 4 su 10: tutto il resto è interpretazione del disegnatore.

Domanda: Come si fa a sapere se un personaggio "funziona"?
Memola: Si dà un'occhiata alle altre produzioni e si vede quello che piace di più al pubblico, ma soprattutto ci si basa sulla propria esperienza personale e sui propri gusti. Ogni personaggio nasce perché piace al suo autore.

La conferenza sta pericolosamente scivolando verso una discussione sul fumetto in generale, ma noi siamo qui per parlare di Jonathan Steele! Gli inviati di uBC prendono la situazione in pugno ;-) e pongono una domanda diretta all'autore:

Domanda: Puoi darci qualche anticipazione sul futuro della serie? Le storie saranno slegate o avranno una continuity? E le scriverai tutte tu, o ti farai aiutare?
Memola: Le storie sono legate da una continuity che è iniziata già dal primo numero, anche se ancora non potete rendervene conto. C'è una grande saga, ancora nascosta, che si svilupperà man mano nei prossimi mesi, e che giungerà a una conclusione in circa tre anni. Poi si comincerà con nuove avventure. Per il momento, le storie le scrivo tutte io, tranne una per cui mi sono fatto aiutare da Stefano Vietti.

Infine, interviene anche il nostro amico Daniele Tarlazzi, list-owner della mailing list bonelliana "Ayaaaak":

Domanda: Come mai ci sono così tante differenze tra il numero zero e il numero uno?
Memola: Per due motivi. Anzitutto, nel tempo che è trascorso fra i due numeri, il progetto di Jonathan Steele si è evoluto molto, e tante cose sono state ridefinite. In secondo luogo, il numero zero è stato un mio grande errore: voleva essere niente più che una gag, una storia da ridere, ma nessuno ha potuto capirlo: una cosa del genere si può fare con un personaggio già collaudato come Martin Mystère, ma non con un personaggio nuovo come Jonathan Steele. Oltretutto, io ho una certa inesperienza con le storie brevi, a differenza di Alfredo Castelli, che riesce a scrivere dei capolavori di due pagine. Col numero 1 abbiamo ricominciato da capo e, vista la continuity che lega gli episodi, per giudicare la serie con cognizione di causa bisognerebbe leggere almeno i primi cinque o sei albi.
 

 


 
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