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" Fuga per
la libertà"


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Zagor sul treno

Pagine correlate:

Siccome non gli bastano i rossi, ora Zagor si mette a far da balia anche ai neri...

Tre uomini in fuga
recensione di Daniele Alfonso

A mia nonna,
Peppina Palomba
(1916-2000)



TESTI
Sog. e Sce. Moreno Burattini    

Leggendo questa storia mi è tornato in mente un precedente albo scritto da Burattini, "La corsa sul fiume" (ZG al99). In quel caso, l'autore partiva da un'idea non certo originale, e riusciva comunque a trarne una buona storia, principalmente grazie a una brillante sceneggiatura, e ad una manciata di idee sorprendenti. Nel caso di "Fuga per la libertà", la situazione è più o meno identica. Il tema dello schiavo in fuga è ben lungi dall'essere innovativo, eppure la storia è estremamente godibile, e presenta risvolti davvero inaspettati. Anzitutto, è interessante il personaggio di Lazarus Baxter, che finge di voler portare in salvo gli schiavi, per poi in realtà imprigionarli e rivenderli al suo "cliente": un'astuzia davvero diabolica, che Zagor non riesce minimamente a sospettare. Ma, soprattutto, la storia riserva due grosse sorprese.

La prima sorpresa l'abbiamo poco dopo l'inizio della narrazione, quando Zagor si trova in una situazione apparentemente senza via d'uscita, e viene tratto in salvo da un alleato inatteso: il buon vecchio pancione messicano, che -quando meno uno se lo aspetta- tira fuori gli artigli e diventa un uomo d'azione. Fedele alla lezione Nolittiana, l'autore toscano è quello che, nella scuderia di scrittori zagoriani, riesce meglio a manovrare Cico, mettendone in luce le qualità, e non solo i divertenti difetti.

"Zagor decide di fare giustizia nella maniera più sbrigativa, con buona pace del presunto politically correct (..)"    
La seconda sorpesa è nel finale della storia. Una storia che, fino a quel momento, poteva facilmente essere definita politically correct, tenendo conto di alcune affermazioni catechistiche dello Spirito con la Scure, del tipo "nessun uomo deve essere schiavo", "troppo spesso il colore della pelle decide del destino di un uomo" e così via. Ma alla fine, Za-gor-te-nay decide di fare giustizia nella maniera più sbrigativa e definitiva possibile, e un'abbondante dose di polvere da sparo manda al creatore lo schiavista Bormann, Lazarus Baxter e una quantità imprecisata di tirapiedi, con buona pace del presunto politically correct. Metodi del genere sono forse più tipici di Tex Willer che del Re di Darkwood, eppure la logica è rispettata: lo schiavismo era infatti perfettamente legale nella Louisiana di quegli anni, e Baxter e Bormann sarebbero rimasti impuniti se Zagor si fosse rivolto alla giustizia degli uomini di Legge. In questo modo, invece, è la legge di Zagor, ossia la Giustizia vera, a trionfare, e senza neanche spendere un'ipocrita lacrimuccia sui cattivi defunti: hanno avuto quello che si meritavano, punto e basta. Con altrettanta freddezza, lo Spirito con la Scure commenta la fine di Mr.Lee, dopo aver tentato invano di salvarlo dalle sabbie mobili: "Non avrei voluto che finisse così... ma non è il caso di perdere tempo a piangerci sopra!", e Cico gli fa eco: "Puoi dirlo forte!".

Per il resto, si tratta di un'avventura di azione al cento per cento, in cui Burattini dà fondo alle sue doti di scafato sceneggiatore, con uno stile secco che offre un'ottima resa dinamica, abilmente stemperata nei momenti opportuni da qualche tocco di ironia, o da una misurata dose di sentimentalismo.

Dopo aver scritto anche la storia, per la verità piuttosto debole, del ritorno di Liberty Sam (ZG 368/369), l'autore dimostra di avere a cuore il filone che vede Zagor in difesa dei diritti del popolo negro (filone inaugurato da Nolitta con la mitica "Libertà o morte!", ZG 89/92), e attendiamo il ciclo di storie che porteranno lo Spirito con la Scure fino in Liberia, lo stato fondato in Africa dagli schiavi liberati.



DISEGNI
Michele Pepe    

Nessuno poteva disegnare questa storia meglio di Michele Pepe, che ci offre, per l'ultima volta, la sua eccellente interpretazione dello Spirito con la Scure. Grintoso e determinato, massiccio e scattante al tempo stesso, lo Zagor di Pepe combacia come meglio non si potrebbe con la caratterizzazione fattane da Burattini. E' memorabile, ad esempio, l'espressione fiera di Zagor quando uno degli uomini di Baxter lo minaccia, sollevandogli il mento con una pala. Altrettanto memorabile è la scena della scazzottata nei vagoni del treno, in cui Pepe riesce a comunicare un dinamismo esplosivo, cosa tanto più difficile per via degli angusti spazi dei vagoni, per di più affollati da una quantità di passeggeri. E' proprio mediante scene di questo tipo che si riesce a valutare la capacità di un disegnatore, e Pepe supera l'esame a pieni voti.

(17k)
Zagor sale sul treno... a modo suo!
Disegno di Pepe (c) 2000 SBE

Nelle 188 pagine della storia, non troviamo una sbavatura nè un segno fuori posto, e davanti ai nostri occhi scorrono tavole precise, pulite, equilibrate, disegnate da una mano morbida e attenta ai particolari, che non indulge nella cura maniacale per i dettagli -che spesso affligge i disegnatori più inesperti, ansiosi di mostrare la propria abilità- ma raggiunge una mirabile sintesi espressiva, coniugando pienezza del disegno con le esigenze di comunicazione. Lo stile di Pepe potrà forse non incontrare i gusti di tutti, ma -tecnicamente- è da manuale. Con la sua morte, è venuto a mancare uno straordinario professionista del fumetto italiano, e un insostituibile interprete di Zagor.

Ci mancherai, Michele.



GLOBALE
 

Davvero azzeccata la programmazione zagoriana: dopo una storia lunga e complessa come la precedente "Fretelli di sangue" (ZG 411/414) fa proprio piacere leggere un action comic di buona fattura come questo.

E' buona la prima copertina di Ferri, di notevole impatto scenico nonostante un tratto un po' approssimativo. Meno buona la seconda, ancora più approssimativa (notare la maldestra resa dell'ombra di Zagor) e con una colorazione troppo virata al rosso.
 

 


 
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