McNally il “poeta” ha nel viso il vago ricordo di Dustin Hoffman che in Papillon (Franklin J. Schaffner, 1973) interpreta Louis Dega, e come lui si trova in carcere per essere un falsario. E’ impossibile, in una storia che racconti oggi un’evasione, essere dimentichi delle emozioni e del dolore che i fatti accaduti ad Henri Charrière detto Papillon scolpiscono sul volto di Steve McQueen che lo interpreta nel film; e Moreno Burattini se ne rammenta, ma non per utilizzare quei fatti come aiuto nella costruzione della storia o come semplice citazione per strizzare l’occhio al lettore.

Moreno Burattini
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Quel che Burattini ha costruito è una delle più rigorose avventure dello Zagor post-nolittiano, dipanandola sul doppio binario del classico mondo dell’uomo di Darkwood e della sua attualizzazione al gusto del lettore contemporaneo, che richiede una maggiore attenzione alla verosimiglianza storica anche per i personaggi tradizionalmente più slegati da essa; è in questa modernità che egli inserisce sotto traccia e metabolizza la trama secondaria legata a Jonah Joyce, nella quale si rinvengono significativi frammenti della tensione spirituale di Papillon per una libertà e dignità umane che appaiono inscindibili: nei limiti che pone un personaggio bonelliano, naturalmente. Jonah si riflette in Zagor, il cui atteggiamento finale verso l’evaso sarà il riconoscimento della superiorità della giustizia ideale sulla legge burocratica: l’essenza dell’eroe classico, sulla quale Guido Nolitta ha edificato la struttura narrativa e caratteriale del suo Zagor così come prima di lui aveva fatto suo padre Gianluigi Bonelli con Tex, pur nella diversità spesse volte antitetica dei loro stili e personalità.
"… una delle più rigorose avventure dello Zagor post-nolittiano…”
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Un’essenza da preservare con cura in characters di questo tipo, senza la quale se ne negherebbe la natura stessa di eroi senza macchia e senza paura; e senza tempo: passibili di essere aggiornati all’infinito nella forma senza mutare la propria sostanza. E’ ciò che Burattini fa. Richiamando un’ultima volta Papillon - il cui peso in questa storia, a merito del suo autore, appare tanto importante nella definizione ideale della trama quanto del tutto trascurabile nel suo sviluppo -,

McNally "Il Poeta" disegni di Mauro Laurenti (c) SBE
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quando McNally all’inizio della storia afferma Noi siamo vivi e Munee no… Adesso guardati intorno e rispondi a una semplice domanda, Jonah… Fra noi e lui… Chi è che sta meglio? la sua osservazione scivola inavvertita, perfino banale nella sua apparente ovvietà di riferimento all’orrore di ogni carcere disumano; è solo al termine di tutta la lunga vicenda – anzi solo in sede di rilettura – che se ne capisce a fondo il senso: non sembra casuale che sia affidato al personaggio con nel volto il ricordo del rassegnato e pacificato Dustin Hoffman di pronunciare quella domanda in apparenza retorica nella forma e nel contenuto, domanda alla quale Jonah – ma ancor più Zagor – risponderà solo alla conclusione dell’avventura: è necessario non il solo lottare per recuperare la propria libertà e dignità di essere umano, ma lottare con volontà di successo. Che è quanto Zagor va facendo da più di quarant’anni.
“Un racconto che pare voler accogliere in sé la globalità pressoché completa dei luoghi comuni della Grande Avventura ed i riferimenti specifici dell’universo zagoriano…”
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Il resto è il racconto del susseguirsi incalzante dei fatti, nei quali l’autore ha intessuto questa trama di idee portanti. Un racconto che pare voler accogliere in sé la globalità pressoché completa dei luoghi comuni della Grande Avventura ed i riferimenti specifici dell’universo zagoriano; non a caso l’irrompere del nostro eroe sulla scena è annunciato dal suo simbolo: la scure di Zagor vola nell’aria e, sicura, si abbatte sul malvagio di turno (pag.25 di La Palude dei forzati). E per tutti i quattro albi di questa epica fluviale sarà uno Zagor massiccio quello presentato da Burattini, uno Zagor il cui comportamento è fedele alle origini, e che trae oggi una giustificazione per le sue azioni che sentiamo anche psicologica e non solo narrativa. E’ lo Zagor uomo di giustizia di Nolitta, ed è lo Zagor rivisitato con l’occhio della sensibilità odierna, che quella giustizia la insegue per adesione spirituale al suo ideale; è infine lo Zagor che continua a vivere le sue avventure senza tempo alle quali ha abituato i lettori da decenni: uno Zagor al cubo.
La lezione che ci viene da questo ampio racconto di Burattini è che l’avventura nella sua accezione più classica è oggi materiale vivo anche all’interno di una storia vista infinite volte: materiale di una freschezza rigenerante per qualunque autore voglia sfruttarne le risorse inesauribili senza adagiarsi nella routine, tornando anzi alle radici di quella magia che è alla base del fascino di tutta la letteratura escapista ben riuscita: la magia di trasportare il lettore fuori della banalità del quotidiano, regalandogli la capacità di sognare: lo stimolo più potente che vi sia a non arrendersi alla pigrizia mentale.
“Una storia quadrupla in questi tempi di lettori fast-food spesso troppo impazienti di aspettare un solo mese per leggere la conclusione di un racconto, è qualcosa di notevole e prezioso anche solo per il fatto in sé…”
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Una storia quadrupla in questi tempi di lettori fast-food spesso troppo impazienti di aspettare un solo mese per leggere la conclusione di un racconto, è qualcosa di notevole e prezioso anche solo per il fatto in sé, ma Moreno Burattini non si è limitato a questo, tirando fuori una delle più convincenti storie dello Spirito con la Scure che io ricordi. Non esattamente un capolavoro, eppure qualcosa di più: per quanto già detto e perché è una storia di straordinaria potenza narrativa, una storia che nonostante si dilati su ben quattro albi mantiene un ritmo e un pathos capaci di avvincere il lettore dalla prima all'ultima pagina, finendo quasi per dare una sensazione di brevità.
Grazie all’ampio spazio a disposizione, Burattini amministra la regia di una storia ricchissima di figure, un vero e proprio kolossal d’avventura, dove sono rappresentati innumerevoli personaggi, alcuni dei quali ricevono un approfondimento particolare, altri vengono appena sfiorati dalla lente d’ingrandimento, e taluni restano soltanto sullo sfondo. “Tipi” classici, che l’autore fa muovere sapientemente. Il corrotto direttore del carcere, Bryce e le sue anime nere Ridge e Scrawl; lo sceriffo Graham, così uguale a certi sceriffi, Quanah, con la sua banda di indiani sanguinari, ottenebrato dalla vendetta; la giovane donna in pericolo, Rita Duff, che da ragazza moderna quel pericolo lo affronta di petto; la lunga teoria degli evasi, tra i quali oltre a Jonah e McNally spiccano il nemico storico di Zagor ”Bimbo” Sullivan, cui Moreno Burattini riserva un trattamento davvero poco usuale (si veda la scheda), e Coffee, l’ex schiavo finito nei guai per il colore della sua pelle.

Elias Duff, "Colui-che-parla-con-gli-uccelli" disegni di Mauro Laurenti (c) SBE
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Tra gli evasi troviamo anche Elias Duff, il fratello per salvare il quale Rita si batte allo spasimo, gigante dal cuore timido e dal cervello minuscolo, attraverso il quale Burattini inserisce la dimensione gentile del Mistero, l’elemento sovrannaturale che per Quanah sarà la chiave d’interpretazione poetica della realtà.
Vediamo poi un Cico che senza tradire il pancione pasticcione creato da Guido Nolitta riceve una caratterizzazione più attiva, che in qualche modo giustifica i decenni di militanza (e sorprendente sopravvivenza ;-)) a fianco dello Spirito con la Scure.
Infine c’è Zagor, che in questo coro affollato è la voce solista che si innalza su tutte.

Il tuffo plastico e dinamico di Zagor dalle mura di Waterwall disegni di Mauro Laurenti (c) SBE
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Spirito con la Scure, Spirito della Battaglia Zagor appare e scompare e semina il terrore disegni di Mauro Laurenti (c) SBE
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Lo Zagor di questo lungo racconto è un guerriero eccezionale che si muove in lungo e in largo per la palude di Canoochee - a lui sconosciuta ma che le sue doti fisiche e spirituali gli permettono di dominare comunque - a salvare ora gli evasi ora Rita, a combattere ora con l’intera piccola orda di Quanah ora con i tagliagole di Scrawl: un guerriero che solo la sua stessa generosità può sconfiggere (quando salva “Bimbo”); ed è un uomo acuto ed intuitivo che sa “leggere” il minimo indizio e trarne le dovute conseguenze. Inoltre, uomo freddo e prudente, capace di ragionare lucidamente nel pieno del combattimento (si veda perchè non uccide Quanah).
“Zagor… in questa storia pare voler trascendere i limiti stessi della sua eccezionalità”
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Al servizio di questo grande affresco avventuroso, Mauro Laurenti mette un disegno di rara efficacia scenica. E’ soprattutto nelle sequenze di combattimento che il dinamismo delle sue figure esplode letteralmente: il tratteggio, generalmente greve, si fa potente veicolo di pathos e le deformazioni anatomiche si fissano in pose plastiche e acrobatiche che restituiscono al lettore tutta la forza drammatica della lotta per la vita.

La truculenta pena inflitta da Quanah a Bryce ed ai suoi accoliti disegni di Mauro Laurenti (c) SBE
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Ma anche in una scena statica come quella in cui Quanah mostra a Zagor la mattanza del direttore Bryce e dei suoi uomini (L’Isola dei Serpenti, pag.39) si nota come Laurenti riesca a cogliere il senso drammatico dello spazio e della luce, dei volumi della tavola e delle figure umane. A questo punto passa in secondo piano che alcuni volti non siano sempre riconoscibilissimi, che alcune anatomie non appaiano convincenti o che la mano di Laurenti sia a volte davvero pesante nell’uso del tratteggio.
Per concludere un augurio doppio: A Moreno Burattini e Mauro Laurenti di poter realizzare, e a tutti noi lettori leggere, un’altra storia come questa.
Vedi anche la scheda della storia.
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