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Dagli incubi di Dylan a quelli di Brendon.
Dylaniati dallo squalo
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Al quinto numero, l'autore sceglie di realizzare un Dylan Dog sotto mentite spoglie. Brendon si trova coinvolto per caso in un "giallo", da risolvere trovando l'assassino "soprannaturale". Come da copione la donna bella e tormentata (meglio se con un passato di violenze come in questo caso), in uno squallido villaggio. Il paese è piccolo e la gente mormora. In mezzo a questo mormorare Brendon svolge la sua indagine senza entusiasmare. Coloro che non apprezzano Brendon, verranno colpiti in maniera negativa dalle prime quattro tavole. I pensieri del nomade, cosi come la sua fine, sono il perfetto riepilogo dei motivi del mancato apprezzamento della serie. D'altra parte, coloro che non l'apprezzano probabilmente non lo comprano neanche più, o smetteranno di farlo nei prossimi albi. E quindi tralasciamo questi aspetti, per evidenziare però la carenza di comicità: l'albo è troppo tragico e si prende troppo sul serio. Le battute scarseggiano (la migliore è quella delle venti-trenta regine) e tralasciamo per favore quelle dell'automa. Così come mancano quei momenti di quotidianità che senza arrivare alla comicità, possono diluire l'angoscia di fondo. Ad esempio, a pag.15 Brendon si trova al bar (che si chiama Shark tra l'altro), con un amico che non vede da diverso tempo. Dovrebbe essere rilassato, felice in compagnia del suo gioviale amico, ma la sua espressione non muta di un solo muscolo. L'espressività di Brendon è zero, e visto che la cosa si ripete di albo in albo, va considerata una precisa scelta della testata. Capisco il voler evidenziare il lato tenebroso di Brendon, ma ritengo la mancata partecipazione di Brendon agli eventi quotidiani (come appunto essere al bar con un amico), un pugno nell'occhio del lettore. Il finale comincia veramente male con l'immancabile donna a letto con Brendon e una squallida scenetta di Cristopher (che non si capisce a cosa serva visto quanto e come viene usato). Si riscatta però nelle ultime tre tavole, si retoriche, ma fortemente d' "atmosfera".
A prescindere dalla lezioncina finale (nelle parole dello spaventapasseri a Sarah), ritengo che i due autori siano riusciti in quelle tre tavole a soddisfare pienamente i lettori che apprezzano Brendon proprio per la sua atmosfera (vedi anche l'articolo di V.Oliva).
Al suo debutto bonelliano, Maroto realizza un prodotto altalenante. Bene il volto del protagonista, perfettamente riconoscibile. Male i movimenti dei personaggi in diverse vignette, o le proporzioni anatomiche come la gamba iper-allungata dello spaventapasseri nell'ultima vignetta di pag.10. In generale si ha l'impressione che ricorra esageratamente ad un segno "sporco", pieno di segni e tratteggi, anche quando potrebbe farne a meno. Valida l'interpretazione della parte allegorica. Il suo squalo e lo spaventapasseri magari non sono sempre perfetti nelle proporzioni, ma ben rappresentano i testi di Chiaverotti.
Non capisco perchè scrivere un Dylan Dog (perchè in effetti l'albo si richiama fortemente ai canoni di quella serie), in una serie che potrebbe parlare di tutto. Anche stavolta l'ambientazione "fantasy" post-atomica, non risulta sfruttata dai testi.
Per contro, chi ha apprezzato l'atmosfera dei primi Brendon, senza soffermarsi sulle varie incongruenze, troverà in quest'albo un discreto episodio. Non aspettatevi di più. |
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