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Dylan Dog  n.126
" La morte rossa "
(1k)
( 3 , 3 , 6 ) 3 + 2
56% equiv.
4/7
Vedere anche la Scheda della Storia nell'uBC Database.


Dylan sbarca in Italia, a Venezia, la città di calli e canali, di innamorati e sospiri, di baci e di...bacilli. Infatti un eminente studioso d'arte muore in oscure circostanze, ucciso dal "Pasteurella pestis", più comunemente noto come peste polmonare. Un quadro cinquecentesco dal macabro soggetto sembra l'apparente causa, ma per Dylan non sarà facile sconfiggere il "mostro" di turno. Mica è tanto semplice centrare con un colpo in fronte un microbo...

Un dipinto pestifero
recensione di Paolo Ottolina
Dylan Dog



Soggetto
(1k)
3/7
Gianfranco Manfredi Mi concedono una tantum su Dylan e chi mi ritrovo? Quel Manfredi che di questi tempi folleggia su Nick Raider. E in effetti anche questo soggetto di Dylan risente delle atmosfere più propriamente gialle: presentazione della futura vittima, indagini del detective, svelamento del colpevole, happy end con biblica punizione (il fuoco) che si abbatte sui malvagi per mano del nostro eroe. Dietro alla storia c'è sicuramente un lavoro scrupoloso sulla peste e sull'epidemia del XVI sec. Non sono nè un epidemiologo, nè uno studioso d'arte, quindi non so nulla di più, ma sarebbe interessante scoprire quali dei punti del racconto sono storici e quali di fantasia. Se qualcuno là fuori avesse voglia di informarsi, fatecelo sapere!

E allora, detto questo, che c'è che non va? Il difetto principale è bello grosso: non è una storia da Dylan Dog. Sembra quasi un Mystère trapiantato su Dylan: c'è il letale mystèro, il mondo da salvare, l'eroe che parla e si documenta (in biblioteca, tipico luogo Mystèrioso), il colpo di kulo dell'eroe, l'eroe che trionfa. Si vorrebbe camminare sul filo sottile che divide soprannaturale e reale, ma il funambolismo non funziona. Dylan è giustamente scettico nei confronti del quadro associato al morbo, ma è troppo scettico per tenere sulle spine i lettori, che sono portati a escludere il dipinto quale "colpevole" sin dall'inizio, e se ancora ci fossero dei dubbi ci pensa il dottor Flesca a dissiparli, già a pag.34. Tecnicamente una buona storia, ma fredda, troppo fredda, priva di quell'umanità che ha fatto grande (in altri tempi, ahimè) la serie. Per di più si vuol far leva sull'atmosfera nebbiosa e opprimente, che attinge a piene mani da film tipo "M- Il mostro di Dusseldorf" o "Ombre e nebbia", ma il risultato non può essere all'altezza degli esempi cinematografici, nonostante il lavoro di Roi. Serviva un eccelso lavoro ai testi, un'eccelsa correlazione tra parole e disegni, magari un'eccelso uso di qualche didascalia "interiore", invece di affidare il tutto ai chiaroscuri delle chine e alle immancabili scene oniriche. E' comunque soprattutto il mancato innesco del meccanismo di confusione tra possibile e impossibile che fa scivolare il soggetto.

Sceneggiatura
(1k)
3/7
Gianfranco Manfredi Ancora una volta Manfredi bada soprattutto a sviluppare i dialoghi più in maniera utilitaristica che espressiva. Tuttavia, se questo particolare è tollerabile in una serie come Nick Raider, in cui la coerenza dei fatti viene prima del resto, non si può lasciar correre su un fumetto come Dylan Dog, in cui proprio la brillantezza dei dialoghi ha riscattato più volte soggetti non originalissimi, o comunque non geniali. L'occhio del narratore tiene sempre in scena Dylan,con l'eccezione dell'omicidio del barbone: così facendo si nega ogni possibile sviluppo degli altri personaggi, ridotti a macchiette. La setta di Beavin, posseduta da un'adorazione "morbosa" (in tutti i sensi ;-) per il letale bacillo, è l'ennesima rivisitazione dell'equazione "cattivo=completamente pazzo", il doppio gioco di Cecilia piuttosto banale. E l'unica giustificazione per il fatto che costei finisce a letto con Dylan sta solo nel rispetto di uno dei cliché della serie... Per di più, a conferma che il personaggio è diventato scomodo, Groucho viene escluso dalla storia subito dopo l'inizio e torna solo in sogno, cioè in una scena priva di interazione. Urge un uso più accorto del baffone, se non si vuol annacquare definitivamente una delle risorse della serie. A tal proposito, proprio la doppia di Manfredi sul Popolo dei ragni (nn.110-111), offre un ottimo esempio...

Due noterelle:
  • Dylan scopre il losco piano di Beavin & C. grazie al classico "particolare che non torna", l'anacronismo infilato dall'abile falsario Schiavon nel presunto quadro di Jacopo da Verona. Ma chi può sostenere che le cose stiano proprio così senza ombra di dubbio? Chiarisco meglio: come esssere certi che fosse stato Jacopo a copiare un particolare realistico del Lazzaretto? Ed escludere invece che poteva esssere stato l'anonimo "graffitaro" ad aver copiato un particolare da un quadro (che assunto per autentico) non poteva essere passato inosservato.
  • Il look dell'anonimo fan di pag.45-46, mi ricorda le poche foto da me intraviste di un certo Neil Gaiman, ma non ci giurerei...

Disegni
(1k)
6/7
Corrado Roi Corrado si conferma un formidabile patrimonio per la serie. Resta il più dylaniato dei disegnatori dylaniati: il suo tratto tormentato, il suo chiaroscuro, le sue puntinature, offrono la miglior controparte possibile alle atmosfere macabre e oscure. I volti allucinati dei cattivi e le scene oniriche esaltano la resa del suo disegno "espressionista". Come controparte le anatomie sprigionano poco dinamismo nelle scene di azione, ma, accantonando questa sua piccola pecca, le tavole di Roi si confermano in tutto il loro tenebroso fascino.

Copertina
(1k)
3/3
Angelo Stano Non mi dispiace affatto la linea puntuta di Stano, che ancora una volta tira fuori un Dylan dai tratti spigolosi. Un ottima colorazione alza la qualità dell'illustrazione, facendo risaltare i contrasti tra gli sgargianti costumi del Carnevale e l'atmosfera nebulo-misteriosa di Venezia. Anche se si capisce che siamo in Laguna solo leggendo la storia...

Overall
(1k)
2/3
La storia conferma alcune tendenze: sempre di alto profilo le prove ai disegni, appiattite su una poco rassicurante medietà (non mediocrità) le storie. Se lo staff dei disegnatori è di primissimo ordine e interpreta personaggi e ambientazioni con consumata professionalità, sul fronte degli sceneggiatori urge nuova linfa. Dylan è la serie di punta e non si può rischiare, ma i ricambi di Sclavi sono assorbiti da altri impegni (Chiaverotti) o hanno fornito prove altalenanti. Più che puntare su consumati (in tutti i sensi) autori d'esperienza, meglio sarebbe scandagliare il mercato alla ricerca di firme giovani e realmente innovative. Certo non è facile, ma un tentativo serve assolutamente...

Diagramma (5k) CAR-2 DRA-3 COM-2 INT-2 ORI-3

Mystère-Dog-Raider
(1k)
commento di Gianluigi Fiorillo   (28.02)

E sì, ha proprio ragione Paolo: questo e' un "Mystère-Dog-Raider" Miscela potenzialmente esplosiva che pero' si rivela una brodaglia se condensata nelle 98 pagine dell'albo.

L'autore si dilunga efficacemente nei flashback storici 'alla Martin', grandissimamente affrescati da Roi, continua bene nella costruzione dell'intreccio da sgomitolare, in quella 'alla Nick', e crolla sul filo di lana nella conclusione 'alla Dylan'.

Mi sono ritrovato a cercare qualche tavola in piu' nell'allegato "Giornale di Bonelli" per cercare spiegazione del "Tutti tranne uno" finale di Dylan (immagino che la reazione del lettore tipo sia stata uguale a quella del commissario Corradi, con tanto di baloon e punto interrogativo).


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Soggetto

 
Sceneggiatura

 
Disegni

 
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