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Esiste oggi della buona critica fumettistica in Italia? di Vincenzo Beretta, autore bonelliano > La critica fumettistica esiste? In senso assoluto esiste senz'altro, ed è una componente fondamentale del mondo del fumetto, così come ogni forma di critica lo è del proprio settore specifico. Se pero' la domanda diventa "esiste oggi della buona critica fumettistica in Italia?", allora la risposta è un po' più pessimista. In verita', mi accorgo come oggi nel nostro paese vi sia una minoranza di ottimi critici (che sono un sincero punto di riferimento per tutti noi autori) accompagnati da parecchia aria fritta. Un tempo, a mio avviso, la qualita' media della critica fumettistica era superiore, ma - a parziale giustificazione - noto anche come la qualita' media della critica negli ultimi anni sia scesa in ogni campo, e non solo nei fumetti. Prima di iniziare devo fare una premessa: lavoro come critico da prima che iniziassi a fare fumetti (le mie prime recensioni di videogiochi risalgono al 1988) e da dieci anni queste due mie attività procedono parallelamente. Una cosa che questa duplice esperienza mi ha insegnato è come queste due professioni siano più simili di quanto appaia. Entrambe richiedono mente aperta, capacita' di analisi oggettiva, sensibilità e la necessita' di saper osservare le cose da piu' punti di vista; entrambe possono essere minate da boria e superficialità; entrambe richiedono all'autore di ricercare sia la realtà oggettiva delle cose, sia la spiegazione delle emozioni che esse suscitano in lui. Entrambe, infine, corrono il rischio di scadere nel "soggettivismo", ovvero quella malattia intellettuale che Stanley Kubrick definì come "Il negare che esista un mondo reale e concreto in cui viviamo tutti - atteggiamento che conduce a espressioni critiche o artistiche tanto personali quanto estremamente prive di interesse". La critica, in realta', dovrebbe porsi come punto di incontro tra l'autore di un'opera e il suo fruitore. L'autore riceve, dal punto di vista esterno della critica, spunti, stimoli e osservazioni che da solo, ovviamente, non potrebbe fare. Il secondo invece può beneficiare di una guida che lo aiuta a capire gli aspetti più interessanti e meno palesi di un'opera, potendo così alla fine apprezzarla meglio. E' anche importante, credo, sottolineare cosa la critica non dovrebbe MAI essere: non dovrebbe rappresentare il tentativo del critico di mettersi in mostra, non dovrebbe essere la sua reazione a una congenita incapacità di partecipare all'ambiente artistico oggetto della critica e non dovrebbe generare l'illusione che, attraverso l'identificazione dei problemi di un'opera, il critico si ponga con poca fatica "al di sopra" dell'opera stessa e del suo autore, rendendosi migliore di entrambi agli occhi del pubblico. Tutti questi approcci tendono a condurre alla sterilita' e alla polemica. Fare critica dovrebbe sempre essere una scelta consapevole, spontanea, voluta e piena di rispetto per ciò che si critica e coloro ai quali ci si rivolge (autori e lettori). Soprattutto, deve essere un'azione intrisa nella consapevolezza che, proprio come un autore, anche un critico puo' scrivere cose sciocche, superficiali e poco interessanti (magari semplicemente perche' quel giorno non era in forma), e che il consueto "ognuno puo' avere le sue opinioni su una cosa, e queste sono le mie!" non lo salvera' dalla mediocrita'. > Cosa significa fare critica sul web? Personalmente non credo che vi siano differenze rilevanti tra la critica sul web e quella tradizionale su carta. Avendo lavorato in entrambi gli ambienti, posso dire che l'unica differenza sostanziale e' che, secondo alcune scuole di pensiero, i testi sul web debbano essere piu' brevi e sintetici - ma questa non e' una teoria accettata ovunque, e molti sondaggi presso i naviganti mostrano come un testo corposo e approfondito sia apprezzato anche sul web. Poi, naturalmente, la critica su internet puo' avvalersi di collegamenti ipertestuali per fornire rimandi immediati che su carta non sarebbero possibili. In ogni caso credo che l'utilità piu' importante del web non dovrebbe essere nella presentazione della critica, quanto nella preparazione della stessa. Informarsi attraverso internet richiede tempo e pazienza, ma permette di accedere a una miniera di dati sterminata e, in molti casi, anche di entrare in contatto con autori e case editrici in tempi relativamente brevi. Sia per il giornalista che per il critico avvalersi di tale strumento dovrebbe essere non solo una manna, ma anche un dovere: "invenzioni" o "analisi della situazione" campate in aria non sono piu' molto scusabili, con i mezzi a disposizione nel XXI secolo. Purtroppo devo riscontrare come alcuni preferiscano ancora la via più veloce dell'invenzione e/o del parere personale spacciato come fatto; ciò conduce all'attribuzione agli autori di intenzioni che non hanno mai ne' avuto ne' manifestato, all'analisi di mercati stranieri che con quei mercati non hanno nulla a che vedere, e a tutte le inutili polemiche, "precisazioni", e "se dice che non è vero è perché l'abbiamo colto in fallo!" che inevitabilmente ne conseguono. > E' possibile essere professionisti della critica? Credo che ognuno di noi possa leggere un fumetto, vedere un film o giocare a un videogioco, e decidere se gli e' piaciuto o no. Ma se con "essere professionisti" si intende fare una critica seria a un'opera intellettuale, utilizzando i propri strumenti professionali, e rivolgendosi sia all'autore che al pubblico, allora avere un minimo di preparazione formale su cosa significhi fare critica non solo e' possibile ma e' anche indispensabile! Uno degli errori piu' comuni della critica e' quello di esprimere le opinioni di chi scrive (soprattutto se severe e castigatorie) parlandone come se fossero "solidi fatti" riscontrati nella realta'. Successivamente quando si fara' notare al "critico" come nella realta' di tali "fatti" non vi e' traccia, lo si vedra' rifugiarsi a velocita'-luce nel gia' citato bunker del "è solo una mia opinione e ognuno può avere la sua!" Tale bunker chiude gli occhi su un fatto fondamentale, ovvero che in ogni cosa "commentabile" esiste sempre e comunque una componente oggettiva che deve essere identificata e accettata nella sua essenza, prima che i "commenti" possano iniziare: se il derby Milan-Inter finisce 1 a 1, con gol su azione del Milan e pareggio su rigore dell'Inter, ognuno puo' avere la sua idea su quale delle due squadre avrebbe meritato la vittoria, e sull'arbitro cornuto - ma non si potra' mai affermare che il Milan ha vinto 2 a 1 con goal del centravanti della Juve (giustificando la cosa come "diritto ad avere la propria opinione"). Allo stesso modo, se due autori su mille di una data nazione iniziano a lavorare per un altro mercato, non si potra' in nessun modo parlare di "esodo in massa" degli autori di detta nazione. Triste realta'. So che quanto scrivo potra' sembrare paradossale nella sua banalita', ma per quella che e' la mia esperienza la maggior parte delle critiche mediocri devono tale mediocrita' a errori di questo tipo. Il problema, a questo punto, diventa stabilire quali dovrebbero essere gli "strumenti professionali" del critico. A mio avviso i piu' importanti sono tre: 1) Un critico dovrebbe sempre avere almeno un'infarinatura sugli aspetti tecnici di cio' che sta criticando. Nel caso della narrativa, aspetti come la struttura narrativa, il "ruolo" dei personaggi nel racconto, la costruzione logica dei colpi di scena e cosi' via. Non necessariamente un'opera e' insoddisfacente perche' "non ha nulla da dire": magari i suoi problemi risiedono in due personaggi i cui ruoli narrativi si sovrappongono fastidiosamente, o in un colpo di scena non sufficientemente giustificato dagli indizi forniti in precedenza, e cosi' via. Identificare le debolezze di questo tipo dovrebbe essere il primo compito di un critico. In modo simile, prima di parlare della situazione del mercato di una certa nazione occorrerebbe sempre cercare di informarsi sui dati reali di quel mercato: vendite (sia attuali sia analizzate nell'arco di un periodo significativo), autori emergenti e affondanti, e formati preferiti dal pubblico (e' perfettamente inutile criticare "per mancanza di talento" autori stranieri che "non sfondano" se tali autori sono stati pubblicati in formati non popolari nel paese preso in questione: il formato preferito dai lettori di un dato paese puo' incidere sulla popolarita' di un'opera quanto e talvolta piu' della sua qualita': fatto oggettivo del mondo reale ma non sempre considerato dalle "critiche"). Infine, potrei aggiungere che anche una "critica" generale su un autore, sulla sua produzione e su cio' che fara' dovrebbe quasi sempre - quando possibile, almeno - partire da un intervista con l'autore stesso, o quanto meno da intenzioni da lui esplicitamente dichiarate, piuttosto che da nostre "interpretazioni" e "proiezioni" sulle sue intenzioni presenti o future. 2) Qui viene quella che secondo me e' la piu' importante regola tra quelle che ogni critico dovrebbe sforzarsi di seguire: prima di iniziare a criticare, cercare sempre di capire che cosa l'autore ha messo nella propria opera, e perche'. Si tratta, purtroppo, del limite che vedo affondare la maggior parte tra le "critiche" che, salpando con le migliori intenzioni, finiscono con l'andare a picco: il criticare qualcosa per cio' che avremmo voluto che fosse, e non per cio' che e' realmente. Il lettore puo' dirsi deluso se acquista un albo che credeva di fantascienza e lo scopre horror, ma un critico non puo' permettersi questo lusso. Il suo lavoro e' quello di identificare i temi inseriti dall'autore nel suo lavoro, il modo con cui li ha espressi e gli indizi che ha inserito per metterli in evidenza. Solo una volta che questo lavoro e' stato fatto (ed evidenziato nel testo, come guida al lettore) e' possibile iniziare con i nostri commenti. Per fare un esempio, nel mondo reale molti tra i personaggi-chiave dei film di Luc Besson non potrebbero esistere. Pensate, per esempio al poliziotto interpretato da Gary Oldman in "Leon": un pazzo drogato che spara indiscriminatamente. Dopo due giorni sarebbe gia' agli arresti! Ma a Besson, nella propria poetica, non persegue una verosimiglianza di questo tipo: cio' che realmente gli interessa e' esplorare una serie di caratteri la cui psicologia viene messa in crisi da una serie di situazioni sempre piu' difficili - come in "Nikita" o nello stesso "Leon" - mettendo quindi in scena situazioni che rendano possibile il suo proposito. Per sua stessa ammissione, Besson scrive le proprie sceneggiature come se fossero fiabe, con i "poliziotti impossibili" che hanno la stessa funzione degli animali parlanti nel racconto popolare: l'essere funzionali alla cosa realmente importante, ovvero l'evoluzione psicologica in tempi di crisi dei personaggi centrali. Una volta compreso questo importante (e oggettivo) punto sulla poetica di Besson, nulla poi potra' togliere a ognuno di avere la propria opinione sui suoi film, sulla loro qualita' e sulle idee che essi esprimono. Ma il critico che stronca Leon sulla base del fatto che "il poliziotto non poteva esistere" e' probabilmente gia' partito con il piede sbagliato, esattamente come lo sarebbe stroncare "La Lepre e la Tartaruga" perche' "gli animali non parlano". "Ma un poliziesco non e' una fiaba!" potrebbe obiettare qualcuno. E invece puo' esserlo! - ed e' proprio perche' questo fatto forse non e' immediatamente apprezzabile nella vita quotidiana che esistono i "critici", figure professionali che ci aiutano a scoprire e a apprezzare meglio gli aspetti piu' reconditi e meno convenzionali delle opere di narrativa. O che dovrebbero ^_^ 3) Il terzo strumento e' il piu' semplice da definire (anche se non necessariamente da applicare): raggiungere la capacita' di distinguere sempre e esplicitamente, nella propria critica, le osservazioni oggettive dalle nostre osservazioni personali. Una volta di piu', troppe volte si leggono "pareri" scritti come se fossero dati di fatto. La via di fuga in caso di toppata e', qui come sempre, il solito "ma erano mie opinioni!" Ma, anche qui, quando sono "opinioni", perche' non aggiungere una riga e esplicitarlo? Rende il testo piu' chiaro, distingue meglio le opinioni dai fatti, evita le polemiche e, a mio avviso, e' una norma professionale che dovrebbe fare parte del bagaglio di qualsiasi critico. > Ha senso fare una fanzine di carta oggi? Sicuramente sì, e ancora più senso lo avrà se sarà una fanzine fatta bene che possa davvero diventare un punto di riferimento per autori e lettori. > Newsgroup e mailing list moderati?
Personalmente sono contento della moderazione delle mailing list di fumetti a cui sono iscritto. Anche se il moderatore può sembrare a volte un po' "tiranno", per quella che è la mia esperienza anche su altri forum bastano una o due persone che non rispettano la netiquette per rovinare il dialogo di duecento che invece vogliono solo scambiarsi idee e opinioni in pace. Un tempo ero contrario alla moderazione, ora sono favorevole. Succede!
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