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Jonathan Steele

La critica, per ora, non esiste
di Federico Memola, autore di Jonathan Steele

uBC Forum Sarà perché per qualche anno ho lavorato per Fumo di China, sarà perché lui svolge anche l'attività di recensore di videogiochi, ma quello della critica è un argomento di cui discutiamo occasionalmente Vincenzo Beretta e io (annoiando mortalmente chiunque abbia la sventura di starci vicino in quel momento!).

> La critica fumettistica esiste?

Una delle conclusioni a cui giungiamo regolarmente è che spesso (troppo spesso) coloro che pretendono di svolgere l'attività di "critici" (professionalmente o meno) si dimenticano che nel momento in cui fanno questa scelta, rinunciano ad alcuni diritti dei semplici lettori, come quello di leggere per puro divertimento, senza riflettere.

La verità è che critici non si nasce, ma si diventa, e lo si diventa con la preparazione e anche con lo studio. Sì, perché una eccessiva "popolarizzazione" del mestiere comporta (come tutti gli eccessi) anche molti aspetti negativi.

Per esempio, a partire dagli anni novanta molti "editori" (le virgolette sono d'obbligo) si sono resi conto che fumetti e cartoni animati giapponesi avevano ormai creato una fascia di pubblico pronta per essere sfruttata. Fin qui, tutto normale, se non che, essendo fumetti e cartoni giapponesi un "genere" conosciuto solo da persone giovani o relativamente tali (per una pura e semplice questione generazionale), ecco che per realizzare queste riviste tali "editori" hanno letteralmente raccattato fanzinari e ragazzini facendo scrivere loro qualunque cosa (e pagandoli due lire) pur di riempire le pagine delle riviste.

In questo caso il danno non è stato tanto per la critica, quanto per la sintassi e la grammatica italiane, che nessuno, nelle redazioni (sempre composte dai medesimi ragazzi o comunque da gente che non ha la voglia e la preparazione per svolgere quel lavoro), si è mai curato di correggere. Oggi molte di quelle "riviste" sono sparite dalla circolazione (segno -mi auguro- che certi atteggiamenti alla fine non paghino) ma vedo che lo stesso problema si sta ripresentando con quelle dedicate ai videogiochi.

E' per questo che, secondo me, una preparazione ci vuole, soprattutto nel caso in cui quella del "critico" diventi una professione retribuita. D'altronde è anche una questione di rispetto per i lettori: comprare una rivista di critica equivale a usufruire di un servizio a pagamento, esattamente come andare a un ristorante, chiamare un idraulico o, certo, leggere un fumetto. E accettereste un pasto scadente, un tubo che perde acqua in casa o un fumetto realizzato in maniera scadente (non "brutto", quello è un altro discorso) con la giustificazione che "ognuno ha il diritto di esprimere la propria arte, senza che sia necessario un pezzo di carta ad autorizzarlo?" Perché "arte" è anche il saper cucinare pietanze prelibate o aggiustare alla perfezione un tubo rotto, in fondo.

Certo, il famigerato "pezzo di carta" non garantisce la qualità (e molto del giornalismo professionistico, ahinoi, è lì a dimostrarlo), ma questa non è una giustificazione, anzi, rischia di essere la conseguenza dell'atteggiamento di cui sopra: è troppo facile giustificare le proprie mancanze facendo notare quelle di persone teoricamente più qualificate.

La stupidità e l'arroganza di certi critici "ufficiali" o "riconosciuti" (tanto per rimanere in questo ambito, ma il discorso potrebbe essere applicato in qualunque altro, compreso quello degli autori di fumetti) non deve servire da alibi per essere altrettanto (se non di più) impreparati o approssimativi. Se un critico, fosse pure Umberto Eco, si mettesse a parlare di una certa serie a fumetti senza neppure averne letto nemmeno un numero, svolgerebbe male il suo lavoro, fornirebbe ai suoi lettori un pessimo servizio. Ma questo non autorizza me a scrivere un articolo sulle teorie di Jung basandomi unicamente su quello che ho sentito dire ad altre persone. Ribadisco, quindi, che una preparazione è necessaria, in qualunque campo.

Intendiamoci, la preparazione può essere anche una banalissima "gavetta", così come si usava proprio nel giornalismo molto tempo fa. Io stesso non ho frequentato alcuna scuola di sceneggiatura, così come la maggior parte dei disegnatori della Bonelli non si è diplomata a scuole del fumetto e così come molti validi curatori e redattori di testate fumettistiche non hanno frquentato alcuna scuola di giornalismo. Ma, sui libri, con la pratica o grazie ai consigli di chi faceva già questo lavoro, tutti abbiamo imparato le "regole" che vigono nel settore (perché, come insegna Picasso, le regole bisogna conoscerle, anche per ignorarle).

Che cosa ne deriva da tutto questo discorso? Che (a mio giudizio, sia chiaro) la critica fumettistica, in Italia, per ora non esiste: perché da un lato abbiamo i giornalisti "qualificati", magari anche molto preparati sul mestiere, ma del tutto impreparati sull'argomento specifico (perché quei pochi che pretendono di intendersi di fumetti, in genere, conoscono due o tre autori e/o personaggi che apprezzano da vent'anni e non sanno nemmeno che cosa ci sia in edicola oggi, e se devono scrivere un articolo sui fumetti spesso non compiono nemmeno lo sforzo di informarsi), e dall'altra ci sono molti giovani "aspiranti critici" molto più aggiornati ed esperti in materia di fumetti, ma ancora "immaturi" in quello che è il mestiere del giornalista.

Personalmente ho più fiducia in questa seconda categoria che nella prima, quindi mi auguro che in futuro esisterà una vera critica fumettistica (e, soprattutto, che esisteranno anche i fumetti di cui parlare!). Certo, questi stessi discorsi sono stati fatti, in passato, per altri mezzi di comunicazione (e non dubito che verranno fatti ancora in futuro) e, se stiamo a vedere la gran parte della critica cinematografica attuale, beh, c'è ben poco di che essere ottimisti. Ma, si sa, la speranza è sempre la penultima a morire!

> Il futuro del fumetto è online?

Che supporto può dare Internet al fumetto? La risposta a questa domanda potremo averla con certezza solo fra qualche anno. Nel frattempo tutti ce la poniamo ipotizzando varie possibilità. Personalmente non sono contrario al trasferimento del messaggio su un mezzo differente, ma non mi interessa.

Detesto leggere su un monitor, lo faccio già in continuazione per lavoro, e quando voglio leggere un fumetto provo nel sfogliare le pagine di carta un piacere che il computer non può darmi. A causa del collegamento non eccelso di cui dispongo ho potuto vedere ben poco dei vari "fumetti telematici" che si stanno diffondendo, e ammetto che quel poco che ho visto era anche piuttosto pregevole e spettacolare, in alcuni casi. Ma, come ho già detto, non abbastanza da interessarmi in qualità di lettore.

Nel momento in cui abbandono il supporto cartaceo per rivolgermi a uno schermo, allora preferisco l'animazione vera e propria, sotto forma di cartoni animati o di videogiochi. Certo, la tecnologia potrà anche metterci in grado, prossimamente, di maneggiare monitor pieghevoli dalla consistenza della carta, ma finché questo non avverrà, il lettore Federico Memola preferirà ammirare e sfogliare i volumi della propria, ingombrantissima, libreria.

Quello che certamente auguro al fumetto telematico è di non fare la medesima fine dell'animazione "in flash" su Internet, che in tempi rapidissimi si è trasformata da grande promessa a grande delusione senza nemmeno passare per il grande successo.

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