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E’ la più giovane protagonista bonelliana; ed è una ragazza che si "farà", se manterrà quello che promette.
Welcome, piccolina! |
E così è nata. La sorellina minore di Sprayliz è venuta al mondo in questo giugno 1999 ancora a metà del guado tra primavera ed estate, come ella stessa è a metà del guado tra la sua vita naturale di adolescente di questi nostri tempi un po’ bislacchi e i suoi compiti "istituzionali" di "baluardo".
Si affaccia alla vita, Gea, sotto l’ala amorevole e protettiva di "babbo" Bonelli, che ancora oggi non ha perso la voglia di osare e ha lasciato mano libera a Luca Enoch per realizzare questo progetto di una serie da gestire completamente da solo: testi, disegni e copertine. Sorellina minore di Sprayliz, si diceva; ma solo anagraficamente e cronologicamente,
Certo, alla base c’è il fatto di condividere il proprio creatore, quel Luca Enoch che si conferma sensibile e attento osservatore, e interprete partecipe dell’universo adolescenziale: per cui alcune somiglianze sono naturali; e - certo - ad un primo sguardo le due giovanissime eroine sembrano condividere un certo ribellismo (positivamente connotato) nei loro atteggiamenti: per Sprayliz i graffiti e il Macondo, la sua forte carica di insofferenza per l’Autorità (Elizabeth è, naturalmente, un personaggio più ribelle, per molti versi iconoclasta); per Gea la sua vita indipendente ed insofferente dei controlli degli adulti. Qui si fermano, però, le caratteristiche comuni tra i due personaggi: troppo diversa, tra l’altro, la struttura narrativa delle due serie. Sprayliz nasce sull’Intrepido - dove le sue avventure si dipanano frenetiche in storie di poche pagine - per poi approdare alla Star Comics - conquistandosi una propria testata mensile (che durerà meno di un anno) e le sue storie acquistano un respiro più ampio, mantenendo, però, una sinteticità incisiva grazie alla velocità che Enoch imprime alla narrazione concentrando la sua attenzione su un tema alla volta - e giungere, infine, alla sua sparsa vita attuale - segnata dalle poche e intermittenti uscite nella collana "Nuvole" della Comics&Dintorni. Una storia editoriale sofferta, che difficilmente Gea ripercorrerà. Questa bionda quattordicenne nasce, infatti, all’interno della maggiore casa editrice italiana di fumetti, in albi di molte pagine - che dunque permetteranno all’autore di sviluppare storie dalla trama molto più complessa e ricca di sottotrame che vanno in più direzioni, come è appunto il caso di questa prima avventura - e semestrali, una soluzione sinora riservata ad alcuni spin-off ma non a testate autonome; scelta giustificata, ovviamente, dall’impegno ciclopico di Enoch. Ecco, quindi, che l’autore passa dall’affresco sulla gioventù dei nostri giorni (o forse su una gioventù) che ha saputo darci con Sprayliz - amorevole ritratto prima ancora che interpretazione - ad un personaggio per il quale questa dimensione narrativa non sarà che una delle molte componenti. Osserviamo, infatti, come in questo "Il Baluardo" si stemperano le istanze più forti, più protestatarie. Ma è un fatto naturale: Gea è soprattutto una chiave di lettura fantastica del mondo adolescenziale:
Mescola (addolcendoli) ai temi che lo hanno portato al successo con Sprayliz, tematiche fantastiche viste in un’ottica che sposa insieme i toni del dramma di fondo (la lotta contro i demoni per salvare il mondo) con quelli della commedia brillante (la sequenza nel limbo, o quella nel negozio di Gwrstk) o della farsa (la scenetta delle pagg.17-19); ma anche dell’orrore, sconfinante nello splatter, della sequenza con protagonista il demone Ardat-Lili alle pagg.89-93; o ancora, in poche e sobrie battute, una tematica dura e di attualità come la pena di morte nel colloquio tra Gea ed i suoi amici alle pagg. 24-25. Il tutto arricchito da un autentico tripudio di riferimenti, citazioni, rimandi, appelli alla memoria e alla fantasia del lettore, che Enoch sa mettere insieme creando un tutto organico che diventa l’insieme delle coordinate di riferimento di un universo narrativo e del gioco in cui l’autore vuole coinvolgere il suo pubblico; scavalcando la riduttiva dimensione della citazione fine a sé stessa o - peggio - della copiatura. L’originalità, o meglio la sapienza, di Enoch sta nell’elaborazione di un amalgama coerente - e tutto suo - a partire dagli elementi fantastici e reali più disparati. Vediamo dunque convivere in armonia l’amore di Enoch per Andrea Pazienza con personaggi che appartengono alla mitologia, come i centauri, o alla tradizione letteraria dei naturalisti latini (ma anche cinesi), come i Blemii; i continui rimandi cinematografici e la centralità della musica nella vita di Gea e nel personaggio Gea; l’omaggio al fumetto bonelliano (il gatto di Gea si chiama Cagliostro, come una certa conoscenza felina di Dylan Dog ! :-) ) e i cartoni animati giapponesi. Per un’idea, forzatamente non completa, di quanto Enoch ha disseminato nell’albo, si rimanda alla scheda. Di questa miscela di elementi diversi che prende forma unitaria sotto gli occhi del lettore, si fa collante il personaggio di Gea, ovviamente: protagonista dalla spiccata personalità e fortemente caratterizzata dall’autore (anche fisicamente: rientrano certo in questa volontà di farne un personaggio "eccezionale", e perciò "fantastico" anche i suoi difetti alla vista), che lungi dall’essere, come si è detto, una riedizione di Sprayliz sotto rinnovate vesti, sembra farsi partecipe del gioco in prima persona e per la quale è aperta la "caccia" al modello (su IAFB, il newsgroup dedicato al fumetto bonelliano, si sono fatte varie ipotesi: vedere ancora la scheda). Giovanissima, ma già con un passato - che sicuramente scopriremo in seguito, ma che Enoch ha per ora tenuto giustamente nascosto, accennandovi appena - Gea ci viene presentata come una ragazza indipendente e completamente autosufficiente, con gli interessi e le amicizie delle ragazze della sua età, ma anche profondamente conscia della sua particolarità e della sua missione e pertanto fondamentalmente sola, come risulta chiaro dalla sequenza del (mancato) incontro con un altro "Baluardo", che rende acuto il bisogno della ragazza di confrontarsi con qualcuno che condivida i suoi problemi, dato che la remota presenza telefonica rappresentata dallo "zio" appare ben lungi dal poter rappresentare una tale cassa di risonanza. Tutto questo nasce dalla scelta primaria di una serie realizzata completamente da una sola persona; scelta che ha portato, di conseguenza, la necessità di una periodicità tanto più diluita dagli standard bonelliani. La conseguenza finale è una storia (e non è difficile prevedere che anche in futuro sarà così) per forza di cose densissima. Le storie di Gea saranno poche e dunque Enoch deve comprimere un alto numero di eventi per poter sviluppare il disegno complessivo senza far attendere al lettore tempi biblici prima che accada qualcosa di significativo. Da qui l’impressione, visiva e di lettura, di un sovraffollamento dell’albo, di un eccesso di informazioni non completamente assorbibile ad un primo impatto, e che l’autore stesso, nonostante una buona regia complessiva, talvolta non riesce a gestire bene: ecco dunque che le scene del combattimento con il Fahrg prima, e col mutaforma poi, sembrano risolversi con una fretta eccessiva, per correre subito alla scena successiva (anche se la cosa appare giusta riflettendo sull’opportunità di rimandare a quando il mondo di Gea sarà un dato maggiormente acquisito le scene d’effetto più particolareggiate). Ecco la brevità eccessiva e il duro impatto della scena con il demone Ardat-Lili, che deve essere presentato in tutta la sua carica, ambigua ed inquietante, di violenza. Ecco, più in generale il sovrapporsi dei fatti, personaggi, storie, citazioni, che si rincorrono di pagina in pagina; a creare l’affollamento di cui si diceva. Enoch sa il fatto suo, però, e non si fa prendere la mano più di tanto. In sede di sceneggiatura lascia che siano i suoi personaggi - nel normale svolgersi della loro vita - e le immagini a fornire le indicazioni al lettore: niente spiegazioni inutili. Si aggiungano dialoghi vivi e frizzanti, adatti ai personaggi e allo stile di vita che questi conducono; si aggiunga la scelta di comporre un ritratto di adolescente per gli adolescenti, ma scrivendo una storia che possa interessare anche chi adolescente non è più, e trattando il tema in modo adulto e consapevole; non come se si dovesse avallare un’equazione che vuole che a un pubblico giovanile si debbano fornire storie melense, sempliciotte e - per farla breve - stupide.
Di grande effetto, ma soprattutto adatti alla storia ed al personaggio, i disegni.
Luca Enoch ha saputo infondere vita vera in quel triangolo irregolare che è il visetto della sua Gea, plastica interprete di un’adolescenza un po’ schizofrenica e in bilico tra realtà e fantasia più sfrenata, alla quale ha fornito una figuretta agile ancora quasi infantile, come a sottolinearne la dimensione simbolica: è al bambino che è in noi e alla sua innocenza che si deve far appello per resistere contro i mostri fuori di noi. E’ quel bambino e la sua purezza che rappresentano il vero "baluardo". Ma non è solo Gea ad essere ritratta al meglio:
Adatto appare anche l’uso massiccio dei retini, a bilanciare ed arricchire l’universo grafico della storia, la cui frenesia dinamica avrebbe finito per essere mortificata dal solo uso del bianco e nero. Lungi dall’essere, in questa storia, una comoda scorciatoia, tale uso viene a connotarsi in un mezzo per evitare l’appiattimento grafico ed il rallentamento del ritmo incalzante dei testi, fornendo una sorta di "protagonista" intermedio, di vero e proprio trait-d’union, tra la giovanile solarità della Gea "ufficiale" ed il suo lato in ombra, la sua vita di "baluardo". Giustificato, poi, il liberarsi in più occasioni, dalla "gabbia bonelliana".
E’ difficile dire sin da ora se Gea rappresenti un esperimento riuscito. Certo della qualità di questo n.1 (che pare tra i migliori della SBE) non ci si può lamentare; ben più arduo ipotizzare il riscontro che potrà avere nelle vendite. Con questa pubblicazione Sergio Bonelli conferma di aver ritrovato il gusto di battere strade inedite, almeno per il fumetto di largo consumo, coniugando alla struttura classica dei suoi albi un tipo di personaggio sostanzialmente nuovo per il suo pubblico più affezionato, abituato a leggere storie in cui scrittore e disegnatore sono individui ben distinti (poche davvero le presenze di autori completi in SBE). Con Gea il lettore bonelliano più tradizionale (e spesso tradizionalista), si trova a confronto con un personaggio che è espressione totale di una sola persona, che ne cura tutti gli aspetti creativi (tranne il lettering.. :-) ) e che appare come un perfetto "complice" dell’editore in questa ricerca di strade poco battute: Enoch è infatti un autore che rappresenta pienamente il gusto di questi anni ’90. Questo ha portato alla scelta della periodicità semestrale della testata, fortemente atipica per la casa editrice, che solo da pochissimo sta evadendo con una certa continuità dalla usuale e tranquillizzante cadenza mensile (e comunque con testate bimestrali), albi speciali a parte. Inutile nascondersi che questo è un aspetto rischioso: lo stacco temporale tra un’uscita in edicola e l’altra è forte, e forte è il rischio che il lettore, magari disattento, si disamori rapidamente di un personaggio che vede una volta ogni tanto. Così come appare certo che sarà necessario, ad ogni nuova uscita, riprendere in mano l’albo precedente almeno per sfogliarlo e rinfrescare la memoria; cosa comunque piacevole finché le storie si manterranno frizzanti come questo esordio.
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