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Quando precipitano le pseudobalene
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Primo albo di Napoleone interamente realizzato da Paolo Bacilieri, già autore dei disegni di altri tre albi ("La lucertola e il serpente" NP 9, "La foresta che cammina" NP 13 e "L'enigmatico signor Bloom" NP 18) scritti da Ambrosini.
A ben vedere, avremmo dovuto aspettarcelo. Malgrado la sua interpretazione dei testi di Ambrosini sia perfetta (a tal punto da avermi fatto parlare di capolavoro per "La foresta che cammina"), era ovvio che Bacilieri, nascendo come autore completo, avrebbe presto sentito l'esigenza di potersi esprimere anche come soggettista e sceneggiatore. Un po' meno ovvio sarebbe stato attendersi, sin dal primo confronto col personaggio, un risultato di così alto livello. Bacilieri è riuscito a sfruttare tutte le peculiarità della serie, a coglierne perfettamente lo spirito, a tal punto da rendere questo albo una sorta di vero e proprio compendio dell'universo napoleonico, efficace introduzione alla testata per l'eventuale lettore occasionale, ma anche utile puntualizzazione per chi la segue con passione sin dal primo numero.
"Quando muoiono le balene" è, essenzialmente, la dimostrazione di come una buffa statuetta raffigurante la divinità marina Tangaroa leghi un popolo - i maori - all'ambiente in cui vivono, simboleggiato da Pehee Nuee Nuee (la balena). Il furto della statua da parte di alcuni turisti bianchi sconvolge un equilibrio: le balene, "persa la rotta", si arenano sulle spiagge di Tokomaru. Nonna Apu, bizzarra custode del patrimonio culturale del proprio popolo, incarica suo figlio Tarao (un alcolizzato che, dopo aver trascorso due anni in prigione a causa di un incidente stradale, ha a sua volta perso la rotta) di andare a Ginevra a recuperare la statuetta. Nel frattempo, il furto dell'idolo ha creato sconquassi anche nella "dimensione aldisopra" (sconquassi nel vero senso della parola, dato che in questo caso delle pseudobalene rovinano al suolo!), obbligando gli immancabili Lucrezia, Caliendo e Scintillone ad entrare in azione.
Ma Bacilieri evidenzia anche come nel mondo in cui ci muoviamo si possano distinguere due diversi piani di realtà: una realtà "superficiale", la quale, pur continuando a intrattenere corrispondenze con la "dimensione aldisopra" - o a subire, se non altro, le conseguenze del perdurare di questi legami - ha come perso la consapevolezza dell'esistenza di questa dimensione-specchio, e una realtà "profonda", identificabile con quelle culture lontane dalla cultura occidentale moderna sia nel tempo, sia nello spazio (geografico e mentale). Ecco dunque il rinvio, in alcune storie scritte da Ambrosini, a figure mitologiche della cultura greco-latina quali l'arpia e la chimera, figure interpretabili come concretizzazioni di determinati archetipi. Ed ecco, come in questo caso, il rinvio a culture di popoli che, resistendo al fenomeno della globalizzazione culturale (fenomeno che troppo spesso tende a concludersi non con una sincrasi fra culture diverse, ma col prevalere di quella occidentale sulle altre), mantengono la consapevolezza dell'esistenza di una dimensione ultraterrena, spirituale, e del fatto che tutto ciò che esiste nella dimensione "aldisotto" dipende, è regolato, dal proprio corrispettivo della "dimensione aldisopra" (e viceversa). Nello specifico, il ritrovamento della statuetta consentirà così il ristabilimento di un equilibrio naturale, la riappropriazione, da parte dei maori, di una parte del loro patrimonio culturale - ovvero di una parte della loro identità - e, non ultimo, il riscatto individuale di Tarao. In quest'albo di debutto come soggettista e sceneggiatore, Bacilieri non trascura altri aspetti caratterizzanti la serie. "Quando muoiono le balene" è dunque anche un noir nel quale un paio di criminali semi-improvvisati trafugano la statuetta di Tangaroa per conto di un insolito mandante, un giallo nel quale si indaga sull'omicidio di Piscus e persino una fiaba nella quale un poetico suonatore di ocarina fa riprendere il volo alle pseudobalene della dimensione aldisopra. Non tutto, in realtà, è perfettamente riuscito, forse proprio perché Bacilieri, volendo offrire un albo non banale, ha finito col sovraccaricarlo eccessivamente di spunti e suggestioni. Il "giallo", ad esempio, è un siparietto che si apre e si chiude nel giro di poche pagine (dato che gli indizi presentati nel corso della storia erano assai scarsi), risultando dunque abbastanza superfluo nell'insieme del racconto, e ha il difetto di non rendere esplicito che cosa abbia portato Napoleone a sospettare che Piscus potesse essere stato ucciso da Carlotta.
Ma questi ed altri difetti (come il modo abbastanza forzato col quale Napoleone vine introdotto nella vicenda, o il vedere Boulet nuovamente relegato nel ruolo dl fessacchiotto, a dispetto dell'evoluzione che questo personaggio ha avuto negli ultimi numeri scritti da Ambrosini e da Cajelli...) sono tutto sommato trascurabili se paragonati ai pregi. Pensiamo, ad esempio, a personaggi. Su tutti spicca il bellissimo personaggio di nonna Apu, un personaggio "ossimorico", in quanto sospeso, come l'Otumèl de "La foresta che cammina", fra un certo grado di aderenza alla cultura dei bianchi e la conservazione del patrimonio culturale della propria gente. Interessante anche Van Cleef, mandante del furto della statuetta, a sua volta sospeso fra il grottesco del suo aspetto e di certe sue reazioni e il suo essere effettivamente temibile (dato che in fin dei conti farà fare una brutta fine a Valdo e Camille), un villain non certo ai livelli del Cardinale (quintessenza del male) o del subdolo Ballard di "Nel cerchio del tempo" NP 19, ma comunque perfetto come impreziosimento dell parte noir dell'albo. Da segnalare, infine, anche le caratterizzazioni - anche grafica, beninteso - di alcuni personaggi minori, come la rigidamente anglosassone Miss Collingwood della scuola frequntata da Rangimai.
Fra gli altri pregi, si può segnalare la presenza "straniante" di elementi umoristici all'interno della sequenza in cui Valdo si confronta con Van Cleef. Penso alla posa di Tarao, costretto fra tre fori di proiettile alla vetrata dell'appartamento di Valdo, al termine della prima inconcludente sparatoria (seconda e quinta vignetta di pag.75), o allo sbadiglio di uno degli sgherri di Van Cleef durante la scena madre fra Valdo e Camille (sesta vignetta di pag.76), sbadiglio al quale fa da contraltare, poche pagine dopo, l'umorismo più amaro della scena in cui Valdo, rimasto senza colpi, mima un rassegnato "bang" proprio nell'esatto momento in cui Camille gli si para dinanzi per proteggerlo, vanamente (quarta vignetta di pag.25). In conclusione, un albo che, dopo due numeri abbastanza deludenti, dimostra nuovamente quali siano le potenzialità della serie.
Non resta dunque che complimentarsi con Ambrosini per aver avuto il fiuto di chiamare a sé Paolo Bacilieri e Diego Cajelli, due giovani di grande talento, capaci di adeguarsi alle caratteristiche della serie e, al tempo stesso, di reinterpretarle secondo le loro rispettive sensibilità, dando così un contributo fondamentale al livello qualitativo della serie.
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