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" Il cane di
corallo"


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Napoleone va alla guerra
recensione di Riccardo Panichi


TESTI
Sog. e Sce. Carlo Ambrosini    

Dopo il grottesco (e positivo) esordio ai testi di Bacilieri, è nuovamente il turno di Ambrosini, che firma una storia di eccezionale intensità e drammaticità, a conferma della grande varietà di registri stilistici che la serie ha la possibilità di assumere di volta in volta.

Il racconto può essere diviso in tre sezioni, intrecciate tra di loro dal tema del rapporto tra l'uomo e la legge. Analizziamole:

  • La prima metà dell'albo è occupata da un lungo excursus dell'autore, che ci mette a conoscenza di una serie di avvenimenti accaduti durante la prima guerra mondiale e aventi come protagonista il nonno di Napoleone. Nello spazio di poche pagine Ambrosini ci regala un realistico spaccato di vita quotidiana in trincea: il freddo, la fame, la paura per l'attacco imminente, la fusione di diversi regionalismi in un unico esercito. I dialoghi si fanno veri, dimenticano qualsiasi teatralità, concentrandosi esclusivamente sull'operazione di trascrizione di voci tremanti, infreddolite, desiderose di un calore umano congelato dalla disciplina militare. Su questo angosciante sfondo si stagliano le figure di tre uomini: due soldati, involontari assassini, e il loro tenente, costretto a decidere se denunciarli o assolverli, considerando la precaria situazione e l'imminente offensiva da portare alle prime linee nemiche.

  • La seconda sezione è invece ambientata ai giorni nostri, in un paesino vicino a Belluno. Napoleone partecipa agli avvenimenti in qualità di erede di un piccolo vigneto della zona. E' l'occasione per un più tradizionale noir, dove la ristrettezza mentale paesana si mescola a tragedie personali e al sopravvivere di certe barbarie dure a morire.

  • A quadrare il cerchio, a cingere le due sottotrame, un racconto di Kafka, "Dinanzi alla legge", ideale trascrizione metaforica degli avvenimenti accaduti nel corso dell'albo e al contempo chiave di lettura di essi.

    Il filo conduttore, come già detto, è il problema della legge e delle vie attraverso le quali l'uomo cerca di accedervi. Ambrosini non esprime giudizi espliciti sui propri personaggi, chiedendo anzi al lettore di partecipare alla costruzione del senso della storia. Non a caso il racconto che viene scelto porta la firma di Franz Kafka. Le opere dello scrittore praghese sono infatti dichiaratamente "aperte". Oltre a delineare in modo più o meno chiaro la posizione dell'autore in merito ad una problematica, richiedono infatti al lettore una capacità riflessiva, un mettersi in gioco ed un scrollarsi di dosso i propri dogmi, facendo piazza pulita delle proprie convinzioni preconcette. Solo dopo aver compiuto questa difficile operazione si può veramente recepire il contenuto e contribuire alla "costruzione del senso".

    Come giudicare dunque il comportamento tenuto dal nonno di Napoleone? Può bastare il denaro a lenire il dolore di un omicidio? E' stato giusto non denunciare gli autori del delitto "solo" perchè probabilmente sarebbero morti poco dopo? Non è anche questo un farsi giustizia da soli, esattamente come il giudice Tomer? Domande alle quali non sarò certo io a rispondere, ma che ogni uomo appartenente ad una società dovrebbe affrontare.

    Il giudizio prettamente tecnico, questa volta, è dunque superfluo. Così, poco ci importa se il soggetto è costruito palesemente intorno al messaggio di fondo. E ancora meno ci interessa l'esilità dell'intreccio giallo che sta alla base della seconda sezione. Ciò che veramente ha peso in questa storia è che Ambrosini ha fiducia nel fumetto e nel suo pubblico. "Il cane di corallo" è un attestato di stima nei confronti dei lettori: con le sue asperità tematiche, con la sua quasi completa mancanza di azione, l'autore sembra essersi voluto fermare un momento per instaurare un dialogo con i propri lettori, per chiedere il loro aiuto nella comprensione di un problema, quello della legge, insostenibile dal punto di vista del singolo. Nell'ultima pagina Ambrosini ci ha dato una traccia di sviluppo per le nostre riflessioni. Seguiamola e, oltre a raggiungere un livello superiore di coscienza civile, apprezzeremo ancora di più l'intero albo. Quasi come un racconto di Kafka.



    DISEGNI
    Pasquale Del Vecchio    

    Non è rimasto molto da dire sui disegni di Pasquale Del Vecchio. Gli elogi si sono sprecati e, risultato evidente della qualità del suo lavoro, ormai, quando pensiamo a Napoleone, lo immaginiamo così come Del Vecchio ce lo ha fatto conoscere nei numeri da lui disegnati.

    Anche in quest'occasione l'autore conferma la propria straordinaria abilità nel dare vita al volto del protagonista; espressivo, plastico, magnetico: il suo Napoleone pare a volte voler uscire dalla pagina.

    Non da meno la resa dell'atmosfera del racconto. Pur non essendo dotato della visionarietà innata di un Bacillieri, Del Vecchio ha il non meno invidiabile talento di saper ricostruire in modo realistico e "vivo" la scenografia del racconto. Ottima ad esempio l'ambientazione bellica, capace di trasmettere la tensione emotiva e, in seguito, anche l'orrore della guerra.

    Buonissima inoltre l'interpretazione degli altri personaggi della storia. Spicca su tutti, pur nella sua breve apparizione, la vedova Martinelli, donna abbruttita dagli stenti, ma nel cui cuore battono l'affetto materno e una dignità straordinaria.

    Se proprio vogliamo trovare un difettuccio, non ci paiono all'altezza del resto le mezzetinte realizzate per la raffigurazione del racconto di Kafka. Ci sembra anzi che rendano meno incisive le altrimenti ottime espressioni dei due protagonisti.



    GLOBALE
     

    Una storia tanto particolare quanto incisiva. Stavolta Ambrosini limita gli intellettualismi e, pur non rinunciando ad una cornice dichiaratamente "alta", mira ad un dialogo più diretto con il lettore.

    Molto bella la copertina, che, se da una parte chiarisce quale sarà il tema del racconto, dall'altra incuriosisce lo spettatore con un Napoleone in tenuta militare.
     

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