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Berardi a Luccareport di Daniele Alfonso Per ogni bonelliano che si rispetti, e per ogni cultore del buon fumetto in generale, uno dei momenti più attesi dell'ultima edizione di Lucca Comics era sicuramente l'incontro con Giancarlo Berardi. Il creatore di Ken Parker e di Julia (oltre che di Tom's Bar, Tiki, Giuli Bai, ecc.) si è presentato in compagnia di un ospite inatteso: l'amico Alessandro Benvenuti. Prima di defilarsi, il simpatico attore e regista toscano ha scaldato a dovere il folto pubblico, tra cui sedevano anche numerose personalità della SBE, come Sergio Bonelli, Alfredo Castelli, Vincenzo Beretta, Moreno Burattini, Maurizio Mantero e Laura Zuccheri.
Dopo gli incontri al Centro del Fumetto "Andrea Pazienza" di Cremona, e presso la libreria "Mondi Paralleli" di Prato, questa era un'ulteriore occasione per presentare Julia al pubblico, ma tra i presenti i nostalgici di Lungo Fucile erano numerosi, e quindi per prima cosa si è parlato di Ken Parker. Berardi, affabile e signorile, ha spiegato la dolorosa situazione: negli ultimi tempi, le vendite di Ken erano scese a 25-30.000 copie, cioé ben al di sotto del punto di pareggio, fissato intorno alle 60.000. L'editore Sergio Bonelli, che si è sempre dichiarato un grande estimatore del biondo antieroe di Berardi & Milazzo, ha convinto gli autori ad andare avanti per un po' nonostante le scarse vendite, ma alla fine non c'è stato più nulla da fare. Purtroppo, la saga di Ken è rimasta incompiuta: sarebbero occorsi altri quattro o cinque episodi, equivalenti a circa due anni di lavoro, per portarla a compimento, e non ne valeva la pena. Berardi si è dichiarato ancora affezionatissimo a Ken, che ha occupato i suoi pensieri per oltre vent'anni, ma bisogna pure andare avanti, ritrovare «nuovi stimoli e nuove energie» con una serie innovativa come Julia. E qui l'autore genovese coglie l'occasione per espirimere la sua stima e i suoi ringraziamenti all'editore e a tutta la redazione (il direttore generale Decio Canzio e il redattore capo Maria Baitelli) per il loro importantissimo sostegno. Nel cinquantennale di Aquila della Notte, non poteva mancare il giusto tributo alla creatura di G.L. Bonelli & Galep: «Senza Tex, non sarebbe esistito neanche Ken Parker, perché io ho letto Tex prima di scrivere Ken: Tex per me è un mito come lo è per voi. Ken è complicato, ma Tex non è da meno: scrivere "Oklahoma" mi è costato fatica, perché ho dovuto mettermi io al servizio del personaggio, e non viceversa». Ken Parker era «una serie difficile», e forse per questo non ha mai catturato il gradimento del grande pubblico. Dopo tanti anni, Berardi, con un sorriso ironico, dice di aver finalmente capito come bisogna scrivere i fumetti, e per questo ha deciso di inserire in Julia alcune limitazioni (come l'ambientzione quasi fissa, e vari personaggi ricorrenti), cose che evidentemente risultano gradite ai lettori. L'ambientazione in particolare ha richiesto una scrupolosa documentazione, per evitare che qualche lettore potesse riconoscere errori vistosi. Proprio per questo Julia vive a Garden City, una cittadina immaginaria, e non a New York, che molti conoscono. Scherzando, Berardi afferma di aver chiesto a Bonelli di trasferirlo a New York per un paio d'anni, per poter studiare al meglio la città, ma gli è stato risposto che forse non era il caso. Va detto che Julia non rimarrà sempre a Garden City (di cui nel frattempo si stanno preparando mappe dettagliate): ad esempio nel numero 8, disegnato da Trevisan, si recherà nella riserva Sioux di Pine Ridge. Per quanto riguarda lo stile di scrittura, Berardi afferma che ci sono due modi per creare una storia: il primo è "privilegiare i personaggi", il secondo è "privilegiare le storie". Come sappiamo, lui è un seguace del primo metodo. L'originalità nelle storie è difficile da trovare («dopo la Bibbia e Omero, è già stato scritto tutto»), invece la storia dev'essere un'occasione per presentare i personaggi. Julia sarà un personaggio in evoluzione, come Ken Parker? La risposta è affermativa, perché Berardi dice di annoiarsi quando deve scrivere sempre allo stesso modo. Ken spesso costituiva solo un trait d'union tra i protagonisti delle sue avventure; Julia non sarà proprio così, ma questo non è ancora stato ben deciso. «Non mi piacciono gli schemi» dice l'autore «preferisco sorprendere me stesso ogni volta». E continua confessando di non sapere ancora molto di Julia: scopriremo insieme a lui le caratteristiche dell'affascinante criminologa col passare dei mesi; per il momento, sappiamo che Julia è un personaggio basato sulla sensibilità e l'intuizione. Berardi sostiene che calarsi nella psicologia femminile è un compito arduo, ma ricorda che lo ho già fatto più volte in passato, e "Adah" (KP 46) è l'esempio principe. Immancabile la domanda sul perché i personaggi abbiano i volti di attori del cinema. Qui Berardi dice di dover fare ammenda: in Ken Parker c'erano un po' troppe citazioni cinematografiche, e le citazioni devono esserci solo quando sono funzionali alla storia, altrimenti diventano pretestuose e inutili. Per Julia è diverso: ha deciso di creare un cast, e dopo averlo scelto ha preso i personaggi per quello che sono, senza alcuna modifica: l'interpretazione è un compito lasciato ai disegnatori. A ogni modo, Berardi afferma che il fumetto deve rimandare comunque ad altri generi e forme artistiche, come la letteratura e il cinema, in una sorta di grande calderone, e si dice contento del fatto che alcuni lettori abbiano scoperto Ambrose Bierce grazie a lui (in "Storie di soldati", KP 50, ndr) Fra il pubblico, qualcuno temeva che la serie potesse diventare ripetitiva, con Julia sempre alle prese coi serial killer. Su questo, Berardi ci ha subito tranquillizzato: ha già scritto 22 soggetti, e fra questi solo 2 comprendono un serial killer. Tutti gli altri riguardano la cronaca di tutti i giorni: storie di noir quotidiano, estremamente realistiche, commentate grazie ai personaggi. Non si esclude però un ritorno di Myrna, antagonista dei primi tre albi, un personaggio cui l'autore si è già affezionato. Per le sceneggiature, Berardi si avvale della collaborazione di Claudia Salvatori, autrice di romanzi gialli, di Gino D'Antonio, e del vecchio amico Maurizio Mantero. Per i disegni, preferisce affidarsi principalmente alle nuove leve del fumetto: disegnatori giovani ma talentuosi e pieni d'entusiasmo, con tanta voglia di lavorare, e disposti a sopportare un Berardi «un po' rompiscatole», come egli stesso si definisce. Nonostante pensi che una storia è fatta al 50% di testi, e al restante 50% di disegni, è chiaro che lui esercita fortemente la sua autorità sui suoi collaboratori, e visti i risultati, chi potrebbe dargli torto? :-)
Visto che l'autore dice di ispirarsi soprattutto a letteratura scritta e cinema, il pubblico è curioso di sapere quali sono i suoi fumetti preferiti. Berardi nomina Rip Kirby, di Alex Raymond, in quanto personaggio intellettuale, ma si ha l'impressione che non abbia precisi punti di riferimento tra i personaggi del fumetto. La sua opinione sulla televisione (maltrattata sia in JU 1 che in KP c9, "La terra degli eroi") è negativa: la TV è un mezzo utilissimo, ma viene utilizzata molto male. Infine, si passa a parlare del design della copertina, frutto di Nico Zardo, abile grafico freelance e collaboratore abituale della SBE, a partire da un'input iniziale di Berardi, del tipo «voglio una copertina noir». L'occhio che si vede in ogni cover rappresenta l'occhio del lettore, e il logo è una sorta di firma ingrandita, che richiama il diario personale tenuto da Julia; dopodiché Zardo si è inventato il rilievo e la lucidatura parziale, ottenendo un risultato senza dubbio eccellente, di cui Berardi si dice orgoglioso.
Le domande continuano a fioccare, ma il tempo a disposizione è terminato, e la sala conferenze dev'essere lasciata libera. Ringraziamo Giancarlo Berardi, autore generalmente molto schivo, per essersi concesso al suo pubblico così a lungo.
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